San Giovanni della Croce e la Bibbia

San Giovanni della Croce è un innamorato della Bibbia, della Parola di Dio. Ne è prova il fatto che nella sua cella non teneva altri libri che la Bibbia e il Breviario, che è come una parte della Bibbia. E ce la tiene non come ornamento ma per alimentarsene, per bere da essa come da una fonte pura e inesauribile l’insegnamento di Dio Padre, di Gesù Cristo e dello Spirito Santo. Ogni giorno beve e abbondantemente a quella fonte cristallina.

San Giovanni della Croce, Ubeda, Museo san Giovanni della Croce

Padre Martín dell’Annunciazione, che lo accompagnò in molte occasioni testimonia: «E il resto del tempo lo passava in orazione e lectio della divina Scrittura, di modo che per ogni giorno dormiva due o tre ore scarse.»
E Padre E Giovanni Evangelista, discepolo del Santo, «con il quale camminai e vissi per undici anni», suo confessore per alcuni di essi, persona attendibile, scrive in una Relazione per la Vita del santo: «Adorava leggere la Sacra Scrittura, e così non gli ho mai visto leggere altro libro che la Bibbia, che conosceva quasi tutta a memoria, e Sant’Agostino “Contro gli eretici” e Flos Sanctorum, e quando predicava a volte, e furono poche, o faceva conversazioni, che era la norma, non leggeva mai altri libri che la Bibbia […] di solito faceva conversazioni divine e mai smise di far conversazione la sera».
Leggeva la Bibbia non solo nel raccoglimento della sua cella, ma anche in viaggio, per sentieri e campi, è sempre la sua compagna di viaggio. Una compagna di viaggio che lo istruisce e consola: «Andò a piedi finché ne ebbe le forze, e lo fece anche quando ne aveva meno se le giornate di cammino erano corte; se invece eran lunghe portava un asinello da dividere tra lui e il suo compagno. Se le giornate di cammino erano lunghe andava su un asinello o puledro con la sua bardella e di solito stava seduto leggendo la Bibbia per la maggior parte del cammino». La Bibbia non poteva mancargli come alimento in viaggio e si immergeva tanto nella sua lettura, nell’assaporarla e nel dilettarvisi, che più di una volta cadde dalla sua cavalcatura.
In altre occasioni, dice frà Martín dell’Assunzione, che lo accompagnò molte volte nei suoi viaggi, «viaggiava cantando inni a Nostra Signora e salmi di Davide e versi dei Cantici». (cfr P. Crisogono, Vida, p. 263)
Quando partecipò al capitolo provinciale di Lisbona del 1585 in qualità di priore dei Martiri di Granada, portò con sé la Bibbia e quando altri si interessavano della falsa visionaria Maria della Visitazione, lui si incamminava verso la riva del mare e appoggiato alle mura di Atarazanas leggeva tranquillamente la Bibbia. Così lo trovò il Padre Provinciale insieme al suo compagno, un giorno che facevano una escursione da quelle parti. San Giovanni della Croce si identifica spiritualmente con la Bibbia. Si è fatto Bibbia e se la cita abbondantemente e con piacere nei suoi scritti e nei suoi discorsi è perché vi ha trovato se stesso in Dio. È in meravigliosa sintonia con la Bibbia.
La Bibbia è il libro a cui si ispira per i discorsi ai suoi frati – non smise mai di fare conversazioni la sera, dice padre Juan Evangelista. Spiega e parla loro dalla Bibbia che interpreta meravigliosamente. Dice padre Bernardo della Madre di Dio: «Aveva un particolare dono divino e grande sapienza nel chiarire qualsiasi difficoltà presentasse la Sacra Scrittura, con cui meravigliava i religiosi che restavano stupiti nel sentirlo spiegare cose così difficili, con significati così semplici e coerenti e così fruttuosi per l’anima».
La Madre Maddalena dello Spirito Santo, carmelitana di Beas, monastero in cui andò tante volte e in cui passava dei periodi attesta: «Molte volte leggeva per noi dai Vangeli e da altri testi santi e ce ne spiegava la lettera e lo spirito». «E sono certo, dice padre Paolo di Santa Maria, che conosceva tutta la Bibbia, per come valutava da diversi testi della stessa, durante i discorsi nei capitoli e in refettorio, senza studiarci su, ma come lo spirito lo guidava, dicendo sempre cose eccellenti e per l’edificazione e il profitto delle anime, per vederle diventare più sicure attraverso di lui». Succede lo stesso nel leggere il capitolo 7 del secondo libro della Salita, come se lo stessimo ascoltando spiegare la lettera e lo spirito dei testi evangelici.

Morte di san Giovanni della Croce, Ubeda, Museo san Giovanni della Croce

La Bibbia per San Giovanni della Croce è fonte di vita e insegnamento spirituale. Se ne è imbevuto tanto che i testi biblici gli sgorgano a fiotti, man mano che va scrivendo. Dall’abbondanza del cuore parla la bocca e scrive la penna. Ci sono pagine nei suoi libri in cui cita diversi testi dei differenti libri della Bibbia, man mano che va scrivendo e va parlando. Sotto questo aspetto è rilevante ciò che vediamo nei giorni della sua ultima malattia. A un Crocifisso che tiene tra le mani, dice parole molto devote, ne bacia i piedi, proferendo versi di salmi o parole della Sacra Scrittura. Quando il dolore è più forte gli si sente dire molte volte: «mi sazierò all’apparire della tua Gloria» (Sal 16.15). E vedendo che tardava la sua dipartita esclama: «S’è prolungata la mia permanenza in questo mondo» (Sal 119,5). E, quando padre Alonso gli comunica che, secondo il medico la sua vita è finita, esclama: «Che gioia quando mi dissero andiamo alla casa del Signore» (Sal 121,1).
La pienezza che ha di Spirito Santo lo porta a comprendere in maniera singolare il significato racchiuso nei testi, scritti dallo stesso Spirito Santo. Nessuno ha mai interpretato con tanta radicalità come lui la negazione che il Signore ci chiede nel testo: «Chi vuol essere mio discepolo rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.» (Lc 9,23) (2 S.7).
Nessun esegeta ha scavato così a fondo nella spiegazione della filiazione divina, come San Giovanni della Croce, nell’interpretazione dei testi di Genesi, San Giovanni, San Pietro e San Paolo, nella strofa 39 del Cantico Spirituale. E tenendo conto del fatto che l’esperienza mistica della fede, come insegna il Vaticano II (DV 8), è un principio di esegesi biblica, quando un mistico come San Giovanni della Croce, si imbatte con il senso letterale di un testo, nessun esegeta ha potuto né può arrivare così in fondo.
Mentre era rettore del Collegio di San Basilio di Baeza, professori e dottori dell’Università come Ojeda, Becerra, Sepúlveda, Carlebal, venivano a consultarsi con lui su brani della Scrittura «passavano con lui molte ore per molti giorni» e quando uscivano padre Innocenzo di Sant’Andrea li sentiva dire: «Che uomo profondo è costui! Le sue spiegazioni parevano loro nuovi insegnamenti dello Spirito Santo».
L’interpretazione di San Giovanni della Croce è l’espressione della sua mistica esperienza del contenuto di quei testi. San Giovanni della Croce si avvicina ai testi della Santa Scrittura, particolarmente a quelli dei Vangeli, le cui parole, come lui stesso dice attraverso San Giovanni, sono spirito e vita (Gv 6, 63) con l’anima limpida e innamorata, l’unica che abbia orecchi per udire (F 1.6). Io vedo un’allusione velata alla sua esperienza personale in queste parole in cui parla del gusto che sentirono San Pietro e la Samaritana innanzi alle parole di Gesù; come le assaporò San Pietro nella sua anima quando disse a Gesù: Dove andremo, Signore? Tu hai parole di vita eterna. E la Samaritana che dimenticò l’acqua e la brocca per la dolcezza delle parole di Dio.
Con la lettura e la meditazione quotidiana delle parole della Sacra Scrittura San Giovanni della Croce si intenerisce e si scioglie d’amore, poiché «l’effetto che fa nell’anima la parola di Dio è intenerire e sciogliere d’amore» (F 1,7), perché «dopo che lo Sposo ebbe parlato si sciolse la mia anima» (CC 5,6). Come non vedere qui l’espressione di un’esperienza personale?
Ritengo che molte delle esperienze mistiche, che lui cela con tanto pudore, le ricevette durante la lettura e la meditazione della Scrittura, specialmente del libro del Cantico dei Cantici, che canta dell’amore tra Dio e l’anima.
La Scrittura non è solo fonte inesauribile di vita spirituale, ma anche fonte di espressione simbolica e letteraria. Ne utilizza scene, immagini, simboli e parole come se fossero di sua propria creazione. È rimarchevole come applichi al demonio alcuni aspetti della descrizione che ci offre il libro di Giobbe del coccodrillo e dell’ippopotamo (Gio 40,13.16.19; 41,6- 7.21.25) (CS 30,10; 3,9; F 3,64; 2N 23,8; 3S 29,1), con applicazioni spirituali ammirevoli e preziose, come notevole è la traduzione che fa del testo latino della Vulgata. San Giovanni della Croce non aveva una traduzione spagnola.
Praticamente non ce n’era nessuna per l’uso corrente dei lettori, e, se anche ce ne fosse stata qualcuna, ne era proibito il possesso e l’uso in conseguenza dell’editto dell’inquisitore Fernando Valdés del 1559.
Sono ancor più considerevoli le immagini e i simboli presi dal Cantico dei Cantici, cominciando dal simbolo del matrimonio tra Dio e l’anima, un classico fra i profeti per esprimere la relazione di Dio con il suo popolo eletto, che impregna tutte le pagine del testo biblico, come impregna tutte le pagine del Cantico Spirituale. Immagini come le sentinelle delle città, le fiere del campo, gli animali, i venti, il talamo di Salomone, le scene del giardino e della bottega, alberi, frutti […] il Cantico dei Cantici è una trama di simboli e immagini. La descrizione che San Giovanni della Croce fa dell’Amato: «L’ Amato è le montagne/ le valli solitarie e ricche d’ombra/ le isole remote/ i fiumi rumorosi/ il sibilo delle aure amorose[…]», è, senza dubbio, ispirata alla descrizione dell’Amato (CC 1,3.8.9; 5,10-16) e dell’Amata (CC 6,3-6.9; 7,1-7) del Cantico.
Il Cantico dei Cantici è quasi integralmente tradotto nel Cantico Spirituale. È il libro proporzionalmente più citato dal Santo. Il Capitolo 3 si ritrova integro nel Cantico Spirituale, il capitolo 2 tranne tre versi. Ma il fatto è che in altri brani è tradotto liberamente e stupendamente nei canti, come se le sue strofe e metafore e immagini fossero sgorgate originalmente e virginalmente per la prima volta dall’anima innamorata di San Giovanni della Croce. Tutto il Cantico dei Cantici risuona costantemente nei versi e nelle pagine del Cantico Spirituale. Potremmo dire che i fiori dei pensieri e delle immagini del Cantico dei Cantici profumano graziosamente le pagine del Cantico Spirituale: San Giovanni della Croce rivive, fa fiorire e abbellisce concetti e immagini del Cantico dei Cantici. Già nel primo canto troviamo una traduzione libera, incantevole del capitolo 3, 2-1 e 5, 6: «nel mio letto per notti cercai il mio Amato, lo cercai e non lo trovai […]».
Nel canto secondo abbiamo una libera traduzione del quia amore langueo (CC 2,5): «deciditi che soffro, peno e muoio». Non è sorprendentemente ammirevole la traduzione che ci offre del versetto 16 del capitolo 4: «Alzati tramontana, vieni austro, soffia nel mio giardino e se ne spandano i profumi», e del capitolo 6,2: «che pasce fra i gigli», in questa bellissima strofa: «Fermati, morta tramontana, / vieni austro che ricordi gli amori / spira nel mio giardino / e se ne spandano i profumi / e pascerà l’Amato tra i fiori» (CS 17).
Il divino Cantico alzò nell’anima del poeta e del contemplativo il suo fresco volo di allodole che cantano gioiosamente la loro letizia tra il cielo e la terra, riconciliati, e assorti, al primo giungere dell’aurora. (padre Feliz García). Se San Giovanni della Croce conosce quasi a memoria la Bibbia, il Cantico dei Cantici lo sa come la preghiera quotidiana. Gli è penetrato fin nel midollo dell’anima e lo ha assimilato e digerito divinamente, ne ha fatto la sua vita e la sua gioia.
Per questo ci sembra quanto di più naturale che, negli ultimi momenti prima di morire, quando i religiosi che gli sono vicini cominciano a recitare le raccomandazioni dell’anima, si rivolga al Priore: «Mi legga, padre, il Cantico dei Cantici, che questo non serve» e, sentendo i versi del Cantico dei Cantici, commenti pieno di gioia: «Oh, che perle incantevoli!». Vuol morire immerso nelle parole del Cantico che anticipano per lui l’unione definitiva e gioiosa con il suo Amato.
di Román Llamas ocd – Traduzione di Elisa Fontanazza ocds

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