Beata Mirjam di Gesù Crocifisso

Biografia

Mariam Baouardy nacque ad Abellin, (Cheffa – Amar, Galilea), tra Nazareth e Haifa, il 5 gennaio 1846, da genitori molto poveri ma altrettanto onesti e pii cristiani greco – cattolici. Rimasta orfana di entrambi i genitori a soli tre anni di età insieme al fratello Paolo, venne affidata ad uno zio paterno, che alcuni anni dopo si trasferì ad Alessandria d’Egitto. Qui Mariam fece la prima comunione. Non ricevette alcuna istruzione scolastica: era analfabeta. A tredici anni, per il desiderio di appartenere solo a Dio, rifiutò con fortezza il matrimonio che, secondo le consuetudini orientali, le aveva preparato lo zio. Nonostante persecuzioni e maltrattamenti, si separò dal giovane cui dodicenne era stata fidanzata. Il musulmano, in un momento di furore religioso, poiché ella si rifiutava di farsi maomettana, con una scimitarra la ferì gravemente alla gola: credutala morta, l’avvolse in un gran velo e la portò fuori città. Guarita miracolosamente dalla Madonna, apparsale in sogno, lavorò come domestica ad Alessandria, Gerusalemme, Beirut e Marsiglia. Qui, all’inizio della Quaresima del 1865, entrò dalle Suore della Compassione, ma ammalatasi dovette lasciare dopo due mesi. Fu poi accolta nell’Istituto delle Suore di San Giuseppe dell’Apparizione, ma dopo due anni di postulandato ne fu dimessa, a causa dei fatti straordinari della sua vita spirituale, più adatti alla vita contemplativa che a quella attiva. Già infatti erano iniziati quei fatti straordinari di cui la sua vita sarà piena: il 29 marzo 1867 per la prima volta aveva ricevuto le stigmate. Il 14 giugno 1867 entrò come conversa nel Carmelo di Pau, in Francia. Il 21 agosto 1870, ancora novizia, partì per l’India, scelta come una delle sei fondatrici del Carmelo di Mangalore. Ma nel 1872 fu rimandata in patria perché le sue straordinarie manifestazioni mistiche vennero giudicate di origine sospetta. Il 21 novembre 1871 fece la sua professione religiosa. Un anno dopo fu rimandata a Pau, da dove partì con altre religiose nell’agosto 1875 per Betlemme, per la fondazione del primo Carmelo in terra di Palestina, inaugurato poi il 21 novembre 1876. Il 26 agosto 1878, a causa di una cancrena contratta in seguito ad una frattura prodotta da una caduta, morì a Betlemme, dopo aver posto le basi per la nascita del Carmelo di Nazaret. La sua idea si sarebbe concretizzata soltanto nel 1910, diversi anni dopo la sua morte. La vita spirituale di Maria, ricca di fatti straordinari, rifulse di particolare semplicità. Umile e illetterata, sapeva dar consigli e spiegazioni teologiche d’una chiarezza cristallina, frutto della sua fede e soprattutto del suo amore. Insigne per i doni soprannaturali, ma soprattutto per l’umiltà, per il grande amore per la Chiesa e il Papa, per la devozione straordinaria allo Spirito Santo, alla Vergine Santa e allo stesso S. Giuseppe al quale era stata affidata dal padre prima di morire, quando Mariam era piccolissima, fu beatificata da Giovanni Paolo II il 13 novembre 1983. Nella breve ma travagliata esistenza della beata Maria di Gesù Crocifisso si rinviene tutto la spettro della fenomenologia mistica: estasi, levitazione, stigmate, trasverberazione del cuore, apparizioni, profezie, cardiognosi, bilocazione, possessioni angeliche, prove del diavolo, doni poetici. La singolarità e la bellezza dell’esistenza della piccola araba sono comprensibili solo come opera dello Spirito Santo; Maria lasciò trasformare la propria vita in una “fiamma viva” d’amore: “O Amore, Amore, Amore! L’Amore non è conosciuto; l’Amore non è amato. Amiamo l’Amore, amiamo l’Amore! Solo l’Amore, solo l’Amore!”. Mirjam viene chiamata dalle consorelle la piccola araba o più semplicemente “piccola”; lei stessa amava definirsi “il piccolo nulla” tanto era viva in lei la consapevolezza del suo niente di fronte all’assolutezza del suo Dio. Si paragona ad un verme della terra, o anche ad un granello di polvere, o ancora ad una formica e di fatto vive incarnando un’umiltà totale dedicandosi sempre ai lavori più ripugnanti e obbedendo fino all’estremo. Da questa coscienza umile può sgorgare il desiderio sublime di Dio, il quale si china verso di lei conducendola per mano: e lo Spirito Santo le concede la grazia della esperienza estatica. Le estasi furono numerosissime e paragonate da Mirjam a dei “colpi di sonno”; un rapimento improvviso, provocato da un pensiero d’amore verso Dio, che la rende raggiante di luce divina e che nella compostezza e nella calma le fa vedere il volto del suo Signore. Sempre, durante questi trasporti, le mani di Mirjam continuano a svolgere l’attività che stava compiendo, il suo viso è fisso verso il cielo e la sua voce intona un canto d’amore: “Tutti dormono e a Dio, così pieno di bontà, così grande, così degno di lode, nessuno pensa! La natura lo loda, il cielo, le stelle, gli alberi, le erbe. Tutte le cose create lo lodano e l’uomo che conosce i suoi benefici, dovrebbe lodarlo, dorme. Andiamo, andiamo a risvegliare l’universo!”. Attraverso la ripetizione dei gesti quotidiani, Mirjam fa esperienza dell’Amore di Dio: il lavare i piatti, la biancheria, occuparsi della cucina e dei lavori dell’orto sono gesti trasformati in occasioni di incontro con il Signore: tutto per lei diviene un richiamo divino e l’ordinario acquista, così, il sapore del soprannaturale. Quanta noia viviamo nel ripetere ogni giorno le stesse faccende, nell’incontrare gli stessi volti, nell’affrontare la monotonia dei soliti accadimenti; e Mirjam ci istruisce riferendoci le parole che ode durante una visione estatica: “se vuoi cercarmi, conoscermi, seguirmi, invoca la luce, lo Spirito Santo, che ha illuminato i miei discepoli e illumina tutti i popoli che lo invocano. Io ti dico in verità: chiunque invocherà lo Spirito Santo, mi cercherà e mi troverà. La sua coscienza sarà delicata come il fiore dei campi”. E lo Spirito continuamente invocato continua ad operare meraviglie nell’umile creatura: come a S. Giuseppe da Copertino, anche a Mirjam viene concesso di librarsi verso l’alto come incenso leggero e profumato. Il carisma della levitazione la investirà per diverse volte: viene vista portarsi su un gigantesco albero e sostare, in piedi, in cima, appoggiata sul ramo più fragile ad intonare il suo solito accorato inno d’amore al Creatore: “Amore, Amore…Possiedo l’Amore”. La potenza dell’Amore le imprime dei segni. Sul suo corpo vede riprodursi le ferite provocate a Gesù durante la sua passione: Mirjan tenderà sempre a nascondere le stigmate e a ritenerle “macchie di lebbra”. Ma lo Spirito Santo le concede una ferita più soave: la trasverberazione del cuore, la stessa esperienza mistica vissuta dalla Santa Madre Teresa. Mirjam è raccolta in preghiera e, come in ogni momento d’orazione, cade in estasi, è trasfigurata, irraggiata da una intensa esperienza d’amore che il cuore si sente “trafitto” da una lancia. Il cuore inizia a sanguinare provocandole dolore e gaudio nello stesso tempo; Cristo le concede la grazia di squarciarle il cuore con l’immensità del suo amore: “Basta, basta, o Gesù! Non resisto più…Mi sento morire di gioia e di dolore”. Nella carne del piccolo nulla si realizza ciò che l’uomo prova nei suoi legami con le persone amate; quanto trasporto affettivo nutriamo nei loro confronti! Quanto più è profondo il coinvolgimento sentimentale tanto più sperimentiamo una incapacità a contenere l’ebbrezza dell’amore: poiché Gesù tocca i nostri cuori, li infiamma d’amore e lascia la cicatrice di una eterna nostalgia di Lui che ci spinge a mendicare i riflessi del suo Amore presenti nel cuore di ognuno. Alla piccola araba lo Spirito concede anche il carisma della profezia, dei doni poetici, della conoscenza dei cuori; è posseduta per quaranta giorni dal demonio e, nello stesso istante in cui ne viene liberata, per quattro giorni è invasa da presenze angeliche. Una mistica, dunque, di singolare levatura, tale da renderla un segno tangibile della presenza di un mondo soprannaturale che, con la sovrabbondanza dei suoi doni, manifesta la sua potenza agli occhi di un mondo incredulo, perso nell’esaltazione della ricerca scientifica, del “tutto misurabile e verificabile”, nel rifiuto della dimensione spirituale considerata scomoda custode delle coscienze, ormai assopite e rese mute di fronte alla Verità. In questo mondo di menzogne e di falsità lo Spirito Santo ridesta le anime, scuote le coscienze, illumina i pensieri, infiamma i cuori; Mirjam è scolpita da questa Presenza divina, si abbandona alla sua guida, la invoca incessantemente, si prodiga per diffonderne una devozione particolare rendendosi apostola e profeta dello Spirito Santo: “O Spirito Santo, fonte di pace e di luce, ho fame, vieni a nutrirmi; ho sete, vieni a dissetarmi; sono cieca, vieni a illuminarmi; sono povera, vieni ad arricchirmi; sono ignorante, vieni a istruirmi! Vieni, mia consolazione; vieni, mia gioia; vieni, mia pace, mia forza, mia luce! Spirito Santo, mi abbandono a te”. Nei suoi scritti troviamo questa frase “Lo Spirito Santo non mi rifiuta mai nulla”. “Il Signore mi ha mostrato tutto. Ho visto la colomba di fuoco. Rivolgiti alla colomba di fuoco, allo Spirito Santo, alla sorgente di ogni bene “. E nella piccola araba questo torrente di grazie mistiche si accompagna all’amore per la semplicità, che non indugia sui fenomeni straordinari: “non desiderare rivelazioni, altrimenti la tua fede ne soffrirà” . Per la beata palestinese “l’orgoglio è la sorgente di tutti i peccati, e l’umiltà invece è la sorgente e il fondamento di tutte le virtù”. Una spiritualità nutrita di abbandono fiducioso nelle mani di Dio: “Io ho affidato la mia volontà ad un altro, a Dio….non ho altra aspirazione che fare la tua volontà, in vita, in morte, per tutta l’eternità”. “Felici i piccoli. Per essi c’è sempre un posto. I grandi si trovano in imbarazzo dovunque vadano”. La figura di Maria di Gesù Crocifisso ha affascinato grandi intellettuali come Maritain, Green, Massignon, Bloy, Schwob. E’ una figura che incontriamo – testimonianza di una presenza viva nella storia del Carmelo – anche in una composizione teatrale scritta da Edith Stein nel 1942 per festeggiare l’onomastico della priora del Carmelo di Echt. “Questa dolce Madre fu anche mia Madre. / Fanciulla araba del volto bruno, / nata nel paese in cui visse Gesù, / dove la Vergine ha camminato. / Myriam poteva gioiosamente portare il nome della Madre. / Quando persi padre e madre, / fui affidata solo al suo amore, / la sua fedeltà mi custodì magnificamente. / Quando un assassino mi colpì a morte / ripresi vita nelle sue braccia. / Ella mi condusse per sentieri meravigliosi / alla Terra del Carmelo e mi fidanzò / al suo Figlio, a Gesù Crocifisso. / Ella mi insegnò ad adempiere i voti / del Cuore trafitto, e mi insegnò a comprendere / la via di questo Cuore, lo Spirito d’Amore”.