Maria

Maria e i Santi del Carmelo

Maria è il capolavoro di Dio. E il Carmelo è fondato proprio sulla devozione alla Tuttasanta. Il Carmelo, si dice, esiste per Maria: “Totus Marianus”, viene definito. C’è, dunque, una lunga tradizione di “marianità” nel pensiero mistico dell’Ordine di Nostra Signora del Monte Carmelo. Ogni Carmelitana, per Santa Teresa d’Avila, doveva divenire una immagine vivente di Maria. I monasteri che l’alacre Riformatrice del Carmelo veniva via via creando li chiamava, non a caso, “le colombaie della Vergine”. Fin dalla prima pagina degli scritti di Santa Teresa d’Avila la Vergine appare tra i ricordi più importanti della fanciullezza della Santa. C’è il ricordo della devozione che sua madre Beatrice le inculca e che attua con la recita del Santo Rosario, c’è il commovente episodio della sua orazione alla Vergine quando, all’età di 13 anni, resta orfana: “Mi portai afflitta a una immagine della Madonna e la supplicai con molte lacrime a volermi fare da madre. Mi sembra che questa preghiera, fatta con tanta semplicità, sia stata accolta favorevolmente, perché non vi fu cosa in cui mi sia raccomandata a questa Vergine sovrana senza che ne venissi subito esaudita” (Vita 1,7). La Santa attribuisce, dunque, alla Vergine, la grazia di una protezione costante e, in modo speciale, la grazia della sua conversione: “mi ha riportato a sé “. Tra le virtù caratteristiche della Vergine la nostra Santa propone da imitare quella che le riassume tutte. Maria è la prima cristiana, la discepola del Signore, la seguace di Cristo fino ai piedi della Croce. È modello di adesione totale alla Umanità di Cristo e alla comunione con Lui nei suoi misteri: Maria perciò è modello di contemplazione centrata sulla Sacratissima Umanità. Tra le virtù che sono anche quelle della vita religiosa carmelitana si possono citare: la povertà che rende Maria povera con Cristo e l’umiltà che trasse Dio dal cielo “nelle viscere della Vergine” e che è perciò una delle virtù principali da imitare “Assomigliamo in qualcosa alla grande umiltà della Vergine Santissima” (Cammino 13,3); l’atteggiamento di umile contemplazione e stupore davanti alle meraviglie di Dio e di totale rinuncia alla propria volontà. La presenza di Maria è su tutto il nostro cammino spirituale. Ogni grazia e ogni momento cruciale della maturità nella vita cristiana e religiosa hanno relazione con la presenza attiva della Madre nel cammino delle sue figlie. Per questo la Vergine appare attivamente presente in tutta la descrizione che la Santa fa dell’itinerario della vita spirituale nel Castello Interiore. È la Vergine che intercede per i peccatori quando si raccomandano a Lei. È Maria l’esempio e il modello di tutte le virtù: la memoria dei suoi meriti e della sua bontà può servire di sollievo nell’ora della conversione definitiva. È la Sposa dei Cantici, modello delle anime perfette. È la Madre in cui tutte le virtù si riassumono nella comunione con Cristo e nel “molto patire”: “Abbiamo sempre visto che quelli che si sono avvicinati di più a nostro Signore Gesù Cristo hanno anche sofferto di più: guardiamo alle sofferenze della sua santissima Madre e dei suoi gloriosi apostoli” (Mansioni VII 4,5). In S. Giovanni della Croce la Madonna appare nello splendore della sua comunione con la Trinità, nella sua missione di Madre del Verbo Incarnato, nell’accettazione della Redenzione. Maria è testimone del mistero, “Madre di grazia” che porta in braccio Dio, Sposa – Chiesa e Umanità nella quale Dio s’è unito all’uomo: “Abbracciato alla sua sposa, che portava sulle sue braccia”. Il vertice di questa comunione si raggiunge sulla croce, quando la Vergine partecipa al dolore redentivo di Cristo, anche se è esente dal peccato e perciò soffre non perché debba essere purificata ma perché è associata da Cristo all’azione salvifica (Cantico B 20,10; Cantico A 29,7). Parlando delle anime che si sono identificate totalmente con la volontà di Dio in modo che tutte le loro opere e preghiere e i sentimenti vengono dalla mozione divina, il Santo scrive: “Queste erano le mozioni della gloriosa Vergine nostra Signora, che, essendo fin dal principio elevata a questo sublime stato, mai ebbe impressa nella sua anima immagine di creatura alcuna, e da questa in nessun momento fu spinta ad operare, ma agì sempre sotto mozione dello Spirito Santo” (Salita III,2,10). In questa affermazione si ha il principio di un’azione costante e totale dello Spirito in Maria, elevata fin dall’inizio a questo altissimo stato di comunione con Dio, in un crescente dinamismo di fedeltà e cooperazione alle mozioni dello Spirito Santo. Modello di contemplazione e di intercessione, modello di fiducia, discrezione e attenzione nelle nozze di Cana, la Madonna fa valere la sua poderosa intercessione presso suo Figlio: “Colui che discretamente ama non si cura di chiedere quanto manca e desidera, ma di presentare la propria necessità perché l’Amato faccia ciò che gli aggrada, come quando la benedetta Vergine parlò all’amato Figlio alle nozze di Cana in Galilea, non chiedendogli direttamente il vino ma dicendogli: Non hanno vino” (Cantico A e B 2,8). La presenza della Vergine è implicita in questo pensiero del Santo: “Una parola disse il Padre: e fu il Figlio suo; ed essa parla sempre in silenzio eterno e in silenzio ha da essere ascoltata dall’anima” (Detti 104; cfr. Salita II 22,3-6). Maria è il silenzio contemplativo che ha accolto la Parola. Per questo, Giovanni della Croce, unendo sempre Maria e Cristo, può esclamare: “la Madre di Dio è mia” (Preghiera dell’anima innamorata). Possiamo ricordare la ricca dottrina mariana di Teresa di Lisieux, segnata dalla scoperta evangelica della semplicità di Maria e del suo “cammino” attraverso gli episodi del Vangelo, come paradigma del cammino del cristiano.”La Vergine Maria è per noi modello di consacrazione e di sequela che ci ricorda il primato dell’iniziativa di Dio e ci insegna ad accogliere la sua grazia. Ella è “maestra di sequela incondizionata e di assiduo servizio”…”perché una predica sulla santa Vergine mi piaccia e mi faccia del bene, bisogna che io veda la sua vita reale, non la sua vita supposta; e io sono sicura che la sua vita reale doveva essere semplicissima. Ce la mostra no inabbordabile, bisognerebbe mostrarla imitabile, far risaltare le sue virtù, dire che ella viveva di fede come noi… Lei è più Madre che Regina”. “La perfezione della Via dell’Infanzia nel piano divino è la vita in Maria”. Si può rammentare la devozione della Beata Elisabetta della Trinità verso la Vergine Maria, la “Vergine dell’Incarnazione”, l’umile creatura di fede che « vive al di dentro », in contemplazione dei Tre e in ascolto contemplativo della Parola,”Lode di Gloria” e “Specchio di Giustizia”. A Lei la Beata ha guardato nell’ ora in cui è stata chiamata a salire il Calvario, chiedendoLe di insegnarle a soffrire in silenzio, per amare, in comunione con Cristo e con la Chiesa. Nell’ora della morte, mentre la « visione » sembrava affacciarsi tra le ombre della notte, si sentì spinta a guardare a Maria « Ianua Caeli »che introduce nel mistero di Cristo e dello Spirito. Ella doveva aiutarla a dire “sì” ai «Tre» fino alla fine. Doveva introdurla nell’oceano dell’Amare: «Quando. avrò detto il mio «Consummatum est» sarà lei, «Ianua Coeli», che m’introdurrà in cielo… Sarà la Vergine, questo essere luminoso e puro della purezza di Dio, che mi prenderà per mano. e m’introdurrà in cielo». Anche Edith Stein nelle sue opere dedica splendide pagine alla Vergine, presentandola come donna, tipo perfetto della Chiesa, Madre universale nella sua cooperazione a Cristo e allo Spirito, ai piedi della Croce.”Nella Vergine Maria il sesso femminile è nobilitato dal fatto che il Salvatore è nato da una donna; una donna fu la porta attraverso cui Dio fece il suo ingresso nel genere umano”…”Ella si offre alla missione col dono di se stessa, accettato con fiducia silenziosa, abbandonando tutto il suo essere al servizio del Signore per il Regno di Dio. Questo impegno di Maria la rende modello della donna, in tutti i settori della vita umana: familiare, sociale ed ecclesiale, poiché ella appare interessata ai problemi sociali e politici, con la strofa centrale del Magnificat, rovesciando dal trono i potenti.” “Maria è il simbolo più perfetto della Chiesa perché ne è prototipo e origine. Ne è anche un organo particolarissimo: l’organo da cui fu formato tutto il Corpo mistico, anzi il Capo stesso. Per questa sua posizione organica centrale ed essenziale, la chiamiamo volentieri cuore della Chiesa”. “Maria ci ha generati secondo la vita della grazia, avendo dato tutta se stessa, corpo e anima, per essere Madre di Dio. Da qui nasce un’unione strettissima tra lei e noi: ella ci ama, ci conosce, ed è interamente disponibile per renderci quali dobbiamo essere… Ma come la grazia non può compiere la propria azione nelle anime se esse non le si aprono con tutta libertà, così anche Maria non può realizzare in pieno la sua maternità, se gli uomini non si abbandonano a Lei”. “La Redenzione fu decisa nell’eterno silenzio della vita divina e nel nascondimento della tranquilla dimora di Nazaret; la virtù dello Spirito Santo adombrò la Vergine mentre pregava, sola, e operò l’incarnazione del Redentore. (…) La Vergine, che custodiva nel suo cuore ogni parola che Dio le rivolgeva, è il modello di quelle anime attente in cui rivive la preghiera di Gesù sommo Sacerdote; e quelle anime che, dietro il suo esempio, si danno alla contemplazione della vita e della passione di Cristo, vengono scelte di preferenza dal Signore per essere gli strumenti delle sue grandi opere nella Chiesa”. “Se proviamo a contemplare silenziosamente il cammino percorso dalla Madre di Dio, dalla Purificazione al Venerdì Santo, sarà lei a farci trovare le vie del silenzio…” “La sera del venerdì santo, ai piedi della Croce: il dolore della Madre di Dio è grande come il mare, lei vi sta immersa, ma è un dolore contenuto, ella trattiene con fermezza il cuore con la mano, perché non si spezzi, la morte vera appare in modo quasi spaventoso dalla bocca semiaperta del Salvatore. Ma la sua testa è rivolta verso la Madre, come per consolarla, e la Croce è tutta luce: il legno della Croce è divenuto luce del Cristo”. Abitare il silenzio, quindi, proprio come Maria, per essere ricettiva “alla verità, che ammaestra dal di dentro” (L’imitazione di Cristo, libro III, cap.I, 1); in quel silenzio concentrato in Dio che, diceva santa Teresa di Gesù, “è il più potente dei clamori”; imparare l’umiltà di Maria – fino ad avere un cuore del tutto dimentico di sé – nella vita quotidiana al Carmelo: umile, nascosta, continuamente orante. Come Maria nella propria casa di Nazaret. «Mi ha rivestita delle vesti della salvezza» (Is 61). Così preghiamo nella festa della Regina del Carmelo, la più grande solennità del nostro Ordine. Noi che possiamo chiamarci sue figlie e sorelle, riceviamo da lei un abito particolare di salvezza, il suo stesso abito. Come segno della sua materna predilezione, Ella ci dona il santo Scapolare, questa “armatura di Dio”. Nel ricevere il santo Abito assumiamo l’impegno di dare un’eccezionale testimonianza di amore non solo al nostro divino Sposo, ma anche alla sua santissima Madre. Non possiamo rendere migliore servizio alla Regina del Carmelo e dimostrarle la nostra riconoscenza, che considerandola nostro modello e seguendola nella “via della perfezione” (16 luglio 1940). E la Beata Maria Candida dell’Eucaristia in una delle pagine più intense e profonde de L’Eucaristia scrive “Vorrei essere come Maria, essere Maria per Gesù, prendere il posto della mamma sua. Nelle mie Comunioni, Maria l’ho sempre presente. Dalle sue mani voglio ricevere Gesù, lei deve farmi diventare una sola cosa con Lui. Io non posso dividere Maria da Gesù. Salve! O Corpo nato da Maria. Salve Maria, aurora dell’Eucaristia!”. Santa Teresa de los Andes ha una sete grande di imitare la SS. Vergine che ama fin da bambina: “Attorno ai sette anni nacque nell’anima mia una grandissima devozione alla SS. Vergine. Le raccontavo tutto quello che mi avveniva e Lei mi parlava. Con mio fratello Luigi, recitavo il Rosario”. “Si può dire che fin d’allora Nostro Signore mi prese per mano insieme alla Santissima Vergine”. “Quello che mi fa amare di più la mia vocazione è vedere la vita della carmelitana simile a quella della Madonna. Ella solo pregò, soffrì e amò. E tutto in silenzio”. San Raffaele Kalinowski alle monache e ai religiosi era solito dire: “Chi più di noi, doppiamente figli di Maria, dovrebbe imitarla?”. Egli era innamorato di Maria: a lei si abbandonava pienamente con amore di figlio devoto che cercava lo sguardo della Madre, che ne contemplava la grazia, che ne seguiva le direttive e gli insegnamenti: “Maria, sempre e in tutto!”, era il suo motto. Padre Raffaele, apostolo instancabile dell’unione tra le Chiese, vide nel culto alla Vergine Santissima, culto tanto sviluppato anche nella chiesa ortodossa russa, una realtà che poteva contribuire a facilitare la soluzione di questo problema: era convinto che questa missione sarebbe stata possibile solo in Maria. Altri Santi e Sante del Carmelo hanno fatto risaltare come la tradizione più bella del Carmelo, il suo senso mariano, permane e si rinnova per mezzo dell’esperienza contemplativa del Carmelo Teresiano.