«La mia gioia è nel Signore»
di Laura Spina
«Lei riesce così bene, che se dovessero chiedere il mio parere, dopo la mia morte verrebbe nominata fondatrice. Anzi vi acconsentirei volentieri anche se la facessero me vivente, perché lei ne sa più di me e vale di più: il che è pura verità. Il mio vantaggio su di lei è soltanto per un po’ di esperienza…» (Santa Teresa – Lettera del 17.III.1582)
Donna di talento e di cultura, formata personalmente da Teresa di Gesù, Maria di S. José divenne fondatrice a sua volta, plasmando con la sua ricca personalità tutta la fisionomia spirituale del Carmelo portoghese. Quale vera figlia di Santa Teresa assimilò il suo spirito a tal punto da desiderare come lei «O patire o morire». Perseguitata e passata per mille croci il suo volto esprimeva sempre una tale gioia che sembrava quasi provare “gusto” nella sofferenza. Quelle che per le altre furono lacrime di dolore e di pena per lei furono, come lei stessa confessò, soavissime lacrime di piacere.
Maria Salazar nacque a Toledo nel 1548. Fin da bambina visse nell’aristocratico palazzo di Donna Luisa de la Cerda dove, nel 1562, conobbe santa Teresa d’Avila giunta qui per consolare la nobildonna della morte prematura del marito. La giovane Maria si sentì fortemente attratta dal modo di vivere delle religiose carmelitane, dal rigore della loro vita e dalla gioia delle loro anime: «nel sacro “Ordine” c’è la penitenza, il raccoglimento, l’orazione, la povertà, l’austerità e le altre cose che sono comuni a tutti gli ordini, ma c’è, in più, lo spirito di allegria fra tutti i religiosi e le religiose…»; ma soprattutto fu attratta dalla santità straordinaria di Teresa: «…dipingere la virtù e il servizio di Dio come aspro e difficile significa intimorire i deboli che non hanno provato quanto è soave il patire per Cristo».
Quella di Maria fu una vocazione che trovò la sua svolta definitiva nella seconda visita della Santa a Toledo nel febbraio del 1568. Dopo due anni, il 9 maggio 1570, vestì l’abito di Carmelitana Scalza nel monastero di Malagón, assumendo il nome di Maria di S. José: «non potrò mai esprimere la gioia che il Signore mi ha fatto gustare da quel momento. Non mi è mai passato per l’anima neppure un moto primo di pentimento o di scontento…». Emise la Professione l’11 giugno 1571. Da allora, la testimonianza di Maria di S. José non smise mai di rappresentarsi proprio nella profondità di quella gioia originaria e di quella pace interiore che sempre l’avrebbero accompagnata pur di fronte a prove estenuanti, a vere e proprie persecuzioni, cui fu continuamente sottoposta nella propria vita.
All’inizio del febbraio 1575 Teresa la scelse per accompagnarla nella fondazione del monastero di Beas. Direttesi a Siviglia, dove il 29 maggio fu inaugurata la fondazione di un nuovo monastero, per le sue eccellenti qualità di governo Maria di S. José fu scelta da Teresa come Priora e proprio qui ella sperimentò la sua prima grande croce. Una novizia, Maria del Corro, presentò all’Inquisizione accuse scandalose e ridicole contro le Carmelitane Scalze: «in città, nelle piazze, vie e case eravamo disonorate… tutti ci chiamavano alumbradas e bugiarde». É in mezzo a questa persecuzione che Maria di S. José esercitò e rivelò il suo carisma della gioia. Era solita dire: «così come la pietà dei fedeli divide il sacro legno della croce in tante reliquie, così la grazia distribuisce afflizioni agli eletti». Afflizione come grazia, dunque, da vivere con gioia. Devotissima al SS. Sacramento, era stata lei stessa a chiedere a Dio la grazia di servirLo sempre, malgrado tutti i patimenti e le ingiurie che avrebbe dovuto o potuto soffrire per Lui. Solo dopo lunghe investigazioni tutte le monache furono assolte da ogni accusa. E nel giugno del 1576 S. Teresa partì, mantenendo da allora con Maria di S. José una stretta corrispondenza epistolare.
Ma questa non fu l’unica persecuzione che dovette affrontare. Nel dicembre 1578 una nuova, falsa, accusa fu presentata all’Inquisizione dal P. Provinciale calzato, Diego de Cárdenas, contro P. Gracián, confessore di S. Teresa e fautore della Riforma, contro S. Teresa stessa, e Maria di S. José, che venne destituita: «il P. Provinciale è mio Superiore e da lui non riceviamo alcun affronto. Le Scalze non considerano affronto la destituzione, bensì un beneficio». Il 28 giugno del 1579 fu restituita alla sua carica di Priora dal nuovo Superiore degli Scalzi, Angelo de Salazar, venendo rieletta anche l’anno successivo.
Dopo il Capitolo di Alcalá del 1581, dove gli Scalzi furono trasformati in una nuova Provincia separata dai Calzati, con P. Gracián primo Provinciale e con una nuova Costituzione per le monache riformate, e dopo la morte di Madre Teresa, Maria di S. José curò l’opera di fondazione del Carmelo in Portogallo. Fu, infatti, la fondatrice e la prima Priora del Carmelo di Lisbona. Partì per la nuova fondazione il 10 dicembre 1584, accompagnata in particolare dal Gracián e da un gruppetto di monache. Le Carmelitane, sbarcate in Portogallo la vigilia di Natale, furono ospitate dalle domenicane dell’Annunziata con le quali strinsero un singolare patto di fraternità. In seguito si trasferirono in un monastero vicino al mare: la nuova fondazione fu dedicata da Maria di S. José a Sant’Alberto e San Giuseppe.
Proprio qui a Lisbona le fu rivolta una terza e ben più grave persecuzione. Fu accusata dai Superiori di aver sollecitato il ritorno in Portogallo di P. Gracián, nel frattempo allontanato in Messico per un contrasto di idee con l’allora P. Provinciale degli Scalzi, Nicolò Doria. Quest’ultimo con l’organo di governo da lui creato (la Consulta), era intenzionato a modificare le norme date dal Capitolo di Alcalá circa il governo delle Scalze e la loro libera scelta dei predicatori e confessori. Su Maria di S. José piovvero lettere, questionari con domande a trabocchetto; fu accusata di essere convivente del Gracián. Ella, che aveva abbracciato la perfezione con tutta l’anima, senza altro intento che l’onore, la gloria e il desiderio di fare piacere a Dio, chiedeva a Lui che non la liberasse dai travagli se non per dargliene di più pesanti. Alle sorelle che, meravigliate di vederla sempre così allegra, le domandavano se soffrisse qualche pena interiore, Maria rispondeva: «nella mia vita non sono mai stata così gioiosa e coraggiosa. La testimonianza della coscienza infatti mi rende sicura e l’ingiuria che soffro mi promette grandi beni. So che è impossibile cercare Cristo in mezzo agli onori e alle soddisfazioni, perché per questa strada è impossibile incontrarsi con Lui…».
La stessa forza interiore animò Maria di S. José quando, il 25 maggio 1589, sbarcati a Lisbona gli Inglesi, fece voto con la sua Comunità di non uscire dalla clausura. Solo un ordine dell’autorità ecclesiastica spinse le monache a porsi in salvo.
Il 17 gennaio 1590 Maria di S. José concluse il suo mandato di Priora. Sono gli anni del conflitto tra le monache Carmelitane da una parte e P. Doria dall’altra. Le Scalze ottennero dal Papa, attraverso un Breve, la conferma della Costituzione ricevuta da S. Teresa. Più tardi, N. Doria chiese ed ottenne la revoca del Breve, accusando le monache di ribellione. Quando la Consulta punì i suoi oppositori, Maria rimase priva di possibilità di voto per due anni, fu reclusa nel carcere del monastero per un anno, non poté comunicare né a voce, né per iscritto; non ebbe neppure la possibilità di ascoltare Messa, tranne la domenica.
Eletto Generale, nel 1594, P. Elia e tornata la pace in monastero, il 21 febbraio 1597 Maria fu nuovamente eletta Priora rimanendo in carica fino al 6 aprile 1600, «per obbedienza prendo sulle mie deboli spalle questo pesante giogo e croce universale di tutte le mie libertà e riposo».
Un’ultima prova l’attendeva nel 1603: per un severo ordine del nuovo Generale, P. Francesco, seguace delle rigide idee di P. Doria, Maria di S. José dovette lasciare il monastero con la massima segretezza e rapidità. Fatta salire su una barca e accompagnata da due Padri, giunse il 7 settembre a Talavera de la Reina, in Castiglia, e poco dopo fu esiliata nel monastero di Cuerva. Fu accolta con molta freddezza dalla Madre Priora e qui morì il 19 ottobre del 1603. Le sue ultime parole furono: «mi rallegrai quando mi dissero che andrò alla casa del Signore». Così come visse nella gioia, nella gioia morì.
Di lei ci rimangono numerose lettere e scritti, per la maggior parte rimasti nell’ombra: Istruzione delle novizie, Libro delle Ricreazioni, Mazzolino di mirra, Poesie, …che risultano essere una testimonianza della vita e del fervore esistente nei primi monasteri teresiani
Melchiorre di Sant’Anna,
Maria de San José Salazar (1548-1603). Una discepola di Teresa di Gesù,
2003, Ed. Mimep-Docete.