Lumen fidei:i commenti

«Siamo testimoni di una straordinaria collaborazione che è insieme il testamento di Benedetto e il saluto inaugurale di Francesco» scrive Robert P. Imbelli nel dossier pubblicato dalla rivista «America» all’indomani dell’uscita della Lumen fidei. «Radicata nella terra del mistero pasquale di Cristo — prosegue il teologo del Boston College commentando l’enciclica — la fede non nega né ignora le sofferenze del mondo, ma vuole invece portare speranza e amore, specialmente ai bisognosi e agli abbandonati».

Sono diversi i commenti alla Lumen fidei che rimarcano il suo essere indirizzata, oltre che ai cattolici e ai cristiani in genere, anche a quanti sono in cerca, ai dubbiosi, agli agnostici e agli atei. «Il gentile invito di Francesco a coloro che cercano» definisce (sempre su «America») la lettera enciclica James Martin. Che aggiunge: «A quanti temono che convertendosi dovranno rinunciare a usare la loro intelligenza», la Lumen fidei ribadisce invece con forza «il valore di un percorso anche intellettuale».

L’apertura del testo è colta da molti commentatori. Scrive ad esempio Demetrio Fernández sul quotidiano spagnolo «La Razón», che la Lumen fidei entra nel merito del dialogo con la cultura atea contemporanea — che considera la fede come una menomazione della ragione e un oscurantismo — per aprire lo sguardo al mistero della vita che solo nella fede incontra risposta. «La fede — continua Fernández — non è una luce illusoria, ma una luce sovrabbondante che spinge la ragione a raggiungere nuove mete. Amare rende capaci di accedere alla verità, secondo la più pura tradizione agostiniana». Francisco firma, Benedicto XVI confirma, scrive José Beltrán sullo stesso giornale, giocando sull’assonanza delle parole.

L’enciclica è anche — dice la storica ebrea Anna Foa al notiziario quotidiano dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane «l’Unione informa» — «un testo ricco di addentellati ebraici e, almeno a una prima lettura, senza formulazioni relative alla cosiddetta Teoria della sostituzione dell’Antico Testamento. A colpirmi — afferma ancora Foa — il passaggio in cui si parla di fede come memoria del futuro. E ancora, estremamente significativi i riferimenti al pensiero del filosofo ebreo Martin Buber per spiegare il concetto di idolatria e al concilio Vaticano ii come momento di svolta nel dialogo e nella reciproca comprensione». Alla luce delle importanti considerazioni contenute, il suo auspicio è dunque che «le encicliche papali diventino oggetto di sempre maggior studio e attenzione all’interno dello stesso mondo ebraico».

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