La statua della Madonna di Fatima giunge in Vaticano sabato 12 ottobre, in occasione della giornata mariana dell’Anno della fede. Ad accoglierla è Papa Francesco, che nel pomeriggio presiede in piazza San Pietro un incontro di preghiera e all’indomani celebra la messa, a conclusione della quale pronuncia l’atto di affidamento a Maria. Ne abbiamo parlato con monsignor Antonio Augusto dos Santos Marto, vescovo di Leiria-Fatima, che in questa intervista al nostro giornale ripropone il senso del messaggio della Vergine: la storia può essere cambiata con la preghiera e con la conversione.
Quale il significato del gesto del Pontefice?
Nella lettera che l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione per la Nuova Evangelizzazione, mi ha scritto in occasione di questo avvenimento si legge: «È un vivo desiderio del Santo Padre che la Giornata Mariana possa avere come speciale segno una delle icone mariane fra le più significative per i cristiani di tutto il mondo e, per questo motivo, abbiamo pensato all’amata statua originale della Madonna di Fatima». È in questo contesto che il Papa compirà l’atto di affidamento a Maria e, in particolare, al suo cuore immacolato, che si è manifestato a Fatima come il grande simbolo della tenerezza e della misericordia di Dio. Si tratta di un atto di affidamento a Dio mediante il cuore di Maria, contemplata nella sua maternità, nell’amore e nella misericordia. Allo stesso tempo, questo gesto ci impegna nel nostro cammino che conduce al cuore di Dio.
Papa Francesco ripete un atto già compiuto da alcuni suoi predecessori. Perché la Chiesa sente il bisogno di rinnovare l’affidamento alla Vergine?
La Chiesa avverte questo bisogno soprattutto nei momenti più bui e minacciosi della storia, affinché
trionfi la luce, la grazia e la pace di Dio tra gli uomini. In particolare, il Santo Padre desidera risvegliare nella Chiesa la certezza della potenza salvifica di Cristo davanti alle difficoltà e alle sofferenze dell’umanità.
Il primo atto del pontificato di Bergoglio è stata la preghiera alla basilica di Santa Maria Maggiore. C’è un filo mariano che percorre il suo magistero?
La spiritualità mariana di Papa Francesco si rivela chiaramente dalle sue parole e particolarmente dai
suoi gesti molto eloquenti. L’abbiamo visto sia all’inizio del pontificato, nella visita a Santa Maria Maggiore, sia durante il viaggio in Brasile, nella visita alla basilica di Aparecida nel Brasile. Nei suoi atti traspare l’affetto del figlio verso la madre, ma anche l’affetto del vescovo di Roma e del Papa verso la madre della Chiesa.
L’apertura ai poveri e agli ultimi passa anche attraverso il culto mariano?
Certamente. Lo vediamo nella visitazione di Maria a Elisabetta e nel cantico del Magnificat. Questo cantico, in particolare, ci mostra come Dio fa grandi cose nei poveri, in chi è abbandonato, in chi sembra perduto. Benedetto XVI, durante la sua visita al santuario portoghese nel maggio 2010, disse che «la missione profetica di Fatima» non si è ancora conclusa.
Qual è il senso di questa missione nell’epoca attuale?
Fatima ci insegna che la storia può essere cambiata attraverso la preghiera, la conversione, l’offerta di se stessi, la riparazione del peccato del mondo, la solidarietà nella comunione dei santi. In sintesi, che è possibile sconfiggere il male a partire dalla nostra conversione a Dio. Fatima ci offre, pertanto, un
programma di vita spirituale attorno alla devozione al cuore immacolato di Maria: ci dà lo sguardo e il cuore per contemplare la misericordia di Dio come forza e limite al potere del male nel mondo.
La figura di Maria può aiutare anche ad approfondire e valorizzare il ruolo della donna nella Chiesa, come ha chiesto il Santo Padre?
Giovanni Paolo II, in un discorso alla Curia romana del 1987, affermava citando Hans Urs von Balthasar:«Maria è “regina degli apostoli”, senza pretendere per sé i poteri apostolici. Essa ha altro e di più». Il profilo mariano della vita cristiana ci fa vedere l’altra dimensione della Chiesa oltre l’aspetto istituzionale: la bellezza e la tenerezza di Dio, la contemplazione, la mistica, l’accoglienza, l’amabilità, il servizio, la creatività… È la dimensione “femminile” della Chiesa. In questo senso, la figura di Maria ci aiuta ad approfondire la teologia della donna e a valorizzare il suo carisma e il suo ruolo nella Chiesa.
Papa Francesco ha detto che il rosario ha una «dimensione “agonistica”, cioè di lotta, una preghiera che sostiene nella battaglia contro il maligno e i suoi complici». Come promuovere questa pratica tra le nuove generazioni?
Attraverso una devozione illuminata e affettuosa a Maria che, come mistagoga, ci introduce nei misteri di Gesù. In questo modo, ella intercede e lotta con noi contro il potere del male per la pace nei cuori e nel mondo. Giovanni Paolo II lo dice molto bene nella lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae: ricordare Cristo con Maria, imparare Cristo da Maria; configurarsi a Cristo con Maria; supplicare Cristo con Mariae annunciare Cristo con Maria. Ho conosciuto un gruppo di giovani che ignorava la pratica del rosario. Quando, durante un campeggio, l’hanno scoperta come preghiera gioiosa accompagnata da cantici e meditazioni, è stata una novità che è piaciuta moltissimo.
di NICOLA GORI
http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/235q01.pdf
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