Anche nella patria del diritto e della democrazia la libertà di coscienza è in pericolo. È l’accusa senza precedenti che i vescovi scagliano contro il presidente degli Stati Uniti. Ecco la lettera confidenziale in cui spiegano perché
di Sandro Magister
ROMA, 5 marzo 2012 – La Radio Vaticana e “L’Osservatore Romano” ne hanno dato notizia. Ma nel sito web della conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, USCCB, la lettera non compare.
La lettera ha la doppia firma del cardinale Timothy M. Dolan, arcivescovo di New York e presidente della USCCB (nella foto), e del vescovo di Bridgeport William E. Lori, presidente del comitato per la libertà religiosa.I due l’hanno inviata lo scorso 22 febbraio a tutti i vescovi degli Stati Uniti. In via riservata. Ma con la preghiera di parteciparne i contenuti a tutti i fedeli.
Il suo testo integrale è riprodotto più sotto.
La lettera prende spunto dalle direttive emesse in gennaio dal ministero della sanità che obbligano tutte le istituzioni, comprese le cattoliche, a coperture assicurative per i propri dipendenti estese anche ai farmaci abortivi, alla sterilizzazione e alla contraccezione.
Non è questa la prima volta che i vescovi si scontrano con l’amministrazione Obama per decisioni riguardanti il ministero della sanità, retto dalla cattolica “liberal” Kathleen Sebelius. Ma questa volta la portata dello scontro è molto maggiore. A giudizio dei vescovi è oggi in pericolo, negli Stati Uniti, nientemeno che la libertà religiosa. Dire libertà religiosa, negli Stati Uniti, significa toccare le fondamenta stesse della nazione. Gli Stati Uniti sono nati proprio in nome della difesa integrale della libertà religiosa dei singoli e delle comunità da ogni potere mondano, a cominciare dallo Stato. La lettera può quindi stupire i lettori europei, i quali vivono in Stati che si sono invece costituiti per difendere la loro “laicità” dalle “ingerenze” delle Chiese, continuamente sospettate e accusate di invadere il campo.Di qui la cautela con cui in genere la gerarchia cattolica europea si confronta con le autorità civili. Una cautela tanto più evidente se paragonata alla franchezza con cui nella società americana le comunità religiose si esprimono in campo pubblico e criticano il potere politico.Il cardinale Dolan e il vescovo Lori – non per nulla proprio quello che per la USCCB ha responsabilità in materia di libertà religiosa – nella lettera spiegano con chiarezza come vedono la drammatica posta in gioco. E danno indicazioni su come procedere per difendere concretamente la libertà di coscienza sotto minaccia. Nel sito della USCCB c’è una sezione con le linee d’azione della campagna:
Conscience Protection
“Non ci fermeremo fino a quando la tutela del diritto di coscienza non sarà ripristinata”, ha detto il vescovo Lori dopo che in senato è stato respinto, il 2 marzo, con 51 voti contro 48, un emendamento denominato “Respect for Right of Conscience Act” presentato dal senatore repubblicano del Missouri Roy Blunt.Tradizionalmente, nei vari paesi, sono i nunzi apostolici che fanno passi riservati presso le autorità politiche, per dirimere i contrasti.Ma negli Stati Uniti, più che altrove, sono i vescovi che intervengono in prima persona e in pubblico.E questo tanto più vale con i vescovi molto “affermativi” che sono oggi l’ala trainante dell’episcopato americano, a cominciare dall’arcivescovo di New York. Dolan è un cardinale sul quale lo stesso Benedetto XVI fa molto affidamento. È a lui che ha assegnato il compito di introdurre il 17 febbraio la giornata “di riflessione e di preghiera” di tutti i cardinali attorno al papa, alla vigilia dell’ultimo concistoro.
Basta leggere quel suo discorso, per capirne la tempra:
22 febbraio 2012- Cari fratelli vescovi,
da quando vi abbiamo scritto riguardo ai seri tentativi che stiamo compiendo assieme per difendere la libertà religiosa nel nostro amato paese, molti di voi ci hanno chiesto di scrivere ancora, per aggiornarvi sulla situazione e per chiedere nuovamente l’aiuto di tutti i fedeli in quest’opera così importante. Siamo lieti di farlo ora.Anzitutto, vogliamo esprimere il nostro accorato apprezzamento a voi e a tutti i nostri sorelle e fratelli in Cristo, per la notevolissima testimonianza della nostra unità nella fede e forza di convinzione, in questi mesi passati. Abbiamo fatto udire le nostre voci e non smetteremo di farlo fino a che la libertà religiosa sarà ripristinata.Come sappiamo, il 20 gennaio il Dipartimento della salute e dei servizi umani annunciò la decisione di stabilire delle regole definitive che avrebbero praticamente costretto tutti i datori di lavoro, incluse molte istituzioni religiose, a pagare per farmaci abortivi, sterilizzazioni e contraccezione. Le regole non avrebbero fornito alcuna protezione per le nostre maggiori istituzioni – come opere caritative cattoliche, ospedali, università – o per il singolo fedele in gioco. Le regole hanno colpito il cuore del nostro fondamentale diritto alla libertà religiosa, che riguarda la nostra capacità di servire quelli che sono al di fuori della nostra comunità di fede.Dal 20 gennaio, la reazione è stata immediata e incessante. Ci siamo messi assieme, con persone di ogni credo e opinione politica, per fare una sola cosa di lampante chiarezza: stare uniti contro ogni tentativo di negare o indebolire quel diritto alla libertà religiosa sul quale il nostro paese è stato fondato.Il 10 febbraio, venerdì, l’Amministrazione ha emesso le regole definitive. Letteralmente, le regole sono state riconfermate “senza modifiche”. L’obbligo a fornire le prestazioni illecite rimane. L’estremamente ristretta esenzione per le chiese rimane. Nonostante le proteste, tutte le minacce alla libertà religiosa poste dalle regole iniziali rimangono. La libertà religiosa è un diritto fondamentale di tutti. Questo diritto non dipende dalla decisione di un governo di concederlo: è dato da Dio e le società giuste lo riconoscono e lo rispettano nel suo libero esercizio. Il libero esercizio della religione si estende molto al di là della libertà di culto. Vieta anche al governo di costringere persone o gruppi a violare le loro più profonde convinzioni religiose e di interferire negli affari interni delle organizzazioni religiose.
Recenti atti dell’Amministrazione hanno tentato di ridurre questo libero esercizio a un “privilegio” arbitrariamente concesso dal governo, come una semplice esenzione da un’onnicomprensiva, estrema forma di secolarismo. L’esenzione è troppo minuziosamente delimitata, poiché non esenta la maggior parte dei datori di lavoro religiosi non-profit, gli assicuratori affiliati a enti religiosi, i datori di lavoro assicurati per conto proprio, o altre imprese private possedute e gestite da persone che giustamente rifiutano di pagare per farmaci abortivi, sterilizzazione e contraccezione. E poiché è istituita solo da un capriccio dell’esecutivo, anche questa eccessivamente ristretta esenzione può essere tolta via facilmente.
Negli Stati Uniti, la libertà religiosa non dipende dalla benevolenza di chi ci governa. È la nostra “libertà prima” e il rispetto di essa deve essere largo e inclusivo, non stretto ed esclusivo. I cattolici e le altre persone di fede e di buona volontà non sono cittadini di seconda classe. E non spetta al governo decidere quale dei nostri ministeri è “abbastanza religioso” per giustificare la protezione della libertà religiosa.Questo non riguarda solo la contraccezione, i farmaci abortivi e la sterilizzazione, sebbene tutti debbano riconoscere le ingiustizie implicate nell’includerli in un programma di protezione sanitaria obbligatorio per tutti. Non c’entra con i repubblicani o i democratici, i conservatori o i “liberal”. Riguarda le persone di fede. È per prima cosa una questione di libertà religiosa per tutti. Se il governo può, per esempio, dire ai cattolici che essi non possono agire in campo assicurativo senza violare le loro convinzioni religiose, dove si va a finire? Ciò viola i limiti costituzionali posti al nostro governo e i diritti basilari sui quali il nostro paese è stato fondato.Molto rimane da fare. Non possiamo star fermi, di fronte a una minaccia così grave alla libertà religiosa per la quale i nostri padri hanno combattuto. In questo momento della storia dobbiamo lavorare con impegno per difendere la libertà religiosa e per rimuovere tutte le minacce alla pratica della nostra fede sulla pubblica piazza. Questo è il nostro patrimonio come americani. Il presidente Obama deve ritirare le norme, o almeno provvedere misure consistenti ed efficaci per proteggere la libertà religiosa e la coscienza.Soprattutto, cari fratelli, facciamo affidamento sull’aiuto del Signore in questa importante battaglia. Abbiamo tutti il dovere di agire, ora, contattando i nostri legislatori a sostegno della legge per il rispetto dei diritti di coscienza, che può essere sostenuta tramite il nostro appello in www.usccb.org/conscience
Vi invitiamo a partecipare i contenuti di questa lettera ai fedeli della vostra diocesi, nelle forme o con i mezzi che riterrete più efficaci. Continuiamo a pregare per uno rapido e pieno superamento di questa e di tutte le minacce alla libertà religiosa e alla pratica della nostra fede nel nostro grande paese.
Timothy Cardinale Dolan
Arcivescovo di New York
Presidente della conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti
William E. Lori
Vescovo di Bridgeport
Presidente del comitato “ad hoc” per la libertà religiosa
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POST SCRIPTUM – Dopo la lettera sopra riprodotta, il cardinale Timothy M. Dolan, nella sua qualità di presidente della conferenza episcopale, ha inviato una nuova lettera a tutti i vescovi degli Stati Uniti, questa volta con la sua sola firma.
La nuova lettera porta la data del 2 marzo 2012. È lunga il doppio della precedente. È ancor più diretta nel descrivere il conflitto in corso e nell’indicare gli ulteriori passi della campagna. Respinge il consiglio di “America”, la rivista dei gesuiti di New York, di rinunciare a battersi per una questione che essi declassano a “semplicemente politica”. E polemizza con la Casa Bianca che ha invitato i vescovi a seguire le tesi “illuminate” di questi gesuiti, decidendo essa chi sono i maestri cattolici ufficiali, “come se noi vescovi non conoscessimo qual è l’insegnamento della Chiesa”.
Nella lettera, il cuore del ragionamento del cardinale Dolan è là dove qualifica la battaglia in corso per la libertà religiosa e di coscienza come una battaglia non esclusivamente cattolica, ma “americana”, valida per persone e comunità di ogni fede.
fonte: www.chiesa.espresso.repubblica.it
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