Dopo Lampedusa

A margine della vista del Pontefice a Lampedusa, numerosi politici hanno rilasciato dichiarazioni di apprezzamento delle parole di Francesco. Nella realtà l’Italia continua a delegare a Tunisia e Libia il controllo dei flussi migratori, pur sapendo che i due Paesi non sempre rispettano i diritti umani. La denuncia di Giovanni Lamanna, gesuita, direttore della sezione italiana del Jesuit refugee service e l’analisi del sociologo Maurizio Ambrosini.

 

«Ho sostenuto da sempre che per quanto riguarda immigrati, immigrati illegali, clandestini e quant’altro la nostra politica di pura reazione, di puri respingimenti e impostata solo in modo securitario era una politica che andava cambiata perché non dava nessun risultato ed era una politica a mio avviso sbagliata». Il ministro degli Esteri, Emma Bonino, ha commentato così la politica dei respingimenti nel corso della trasmissione radiofonica Zapping (Rai Radio 1) a margine della visita di papa Francesco a Lampedusa. Leggendo le sue parole ci si chiede perché il titolare della Farnesina abbia parlato al passato. In realtà la politica dei respingimenti è tuttora prevista da accordi internazionali, ancora validi, stipulati da Roma con le cancellerie di Tripoli e di Tunisi.

 

Con la Libia, l’Italia ha siglato diverse intese per il contenimento dei flussi migratori. La prima venne firmata nel 2007 da Giuliano Amato, allora ministro dell’Interno del governo Prodi. L’accordo prevedeva, in particolare, l’organizzazione di pattugliamenti marittimi congiunti davanti alle coste libiche per contrastare «efficacemente la partenza dei natanti e bloccare il tragico traffico degli esseri umani». Inoltre impegnava il governo italiano «a sostenere con l’Unione europea i programmi di cooperazione con la Libia, con particolare riferimento ai controlli sull’immigrazione clandestina».

 

Questa prima intesa è stata poi recepita nel Trattato firmato il 30 agosto 2008 dal premier italiano Silvio Berlusconi e dal rais libico Muammar Gheddafi. A fronte di investimenti di 5 miliardi di dollari da parte italiana, la Libia si impegnava a intensificare la lotta all’immigrazione clandestina che prevedeva controlli delle frontiere meridionali libiche, pattugliamenti congiunti nel Canale di Sicilia e respingimenti delle «carrette del mare».

 

Caduto il regime di Gheddafi nel 2011, il 3 aprile 2012 Italia (governo Monti) e Libia hanno firmato una nuova intesa. I due Paesi hanno riaffermato la collaborazione in tema di immigrazione. Una collaborazione che si concretizza nel sostegno dell’Italia alla formazione degli agenti libici e nel sostegno al rafforzamento delle frontiere marittime e terrestri. La politica dei respingimenti non è citata espressamente, ma nel testo si legge una frase dai toni criptici: i due Paesi si impegnano ad adoperarsi nella «programmazione di attività in mare negli ambiti di rispettiva competenza nonché in acque internazionali». Il che lascia intendere la possibilità di respingere gli immigrati in mare mentre si dirigono verso le coste italiane.

 

Dello stesso tenore è l’intesa sottoscritta il 6 aprile 2011 dall’allora ministro dell’Interno, Roberto Maroni, e il suo omologo tunisino Habib Essid. In questa intesa Tunisi si impegnava a rafforzare i controlli per evitare nuove partenze e per «accettare la riammissione rapida delle persone che arriveranno in Italia».

 

«Ufficialmente – spiega Giovanni Lamanna, gesuita, direttore del centro Astalli, la sezione italiana del Jesuit refugee service – il termine “respingimenti” è stato eliminato dalla politica dell’immigrazione italiana dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che ha condannato il nostro Paese per questa pratica. Ma al di là del fatto che i respingimenti vengano o meno praticati, la cosa grave è che noi abbiamo delegato il controllo dei flussi migratori a Paesi che non rispettano i diritti dell’uomo. I migranti che vengono quindi trattenuti in Libia e Tunisia vivono in condizioni terribili: in container che si arroventano al sole estivo, con cibo scarso, le donne rischiano ogni giorno di essere violentate. Di fronte a questa tragedia siamo indifferenti. Papa Francesco ha centrato nel segno quando ha detto che ormai siamo di fronte a una “globalizzazione dell’indifferenza”».

 

Enrico Casale

© FCSF – Popoli

http://www.popoli.info/EasyNe2/Primo_piano/Il_Papa_Lampedusa_e_la_coerenza_necessaria.aspx

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.