Cuore Immacolato di Maria

Nella liturgia è presente una memoria mariana mobile, cioè non ha una data fissa, ed è quella del Cuore Immacolato di Maria, che si celebra sempre il sabato immediatamente seguente la solennità del Sacro Cuore di Gesù. Per anni è stata una memoria mariana da celebrarsi in modo facoltativo, poi per volere di san Giovanni Paolo II, è diventata memoria “obbligatoria”. Anche se si fa memoria del Cuore Immacolato di Maria, esso non richiama solo al mistero dell’Immacolata Concezione di Maria, guardare solo a quell’aspetto sarebbe riduttivo nei confronti della Vergine Santa, perché come vedremo il cuore per il linguaggio biblico rimanda a tutta la persona.

Pellegrini al Santuario di Fatima

«Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2, 19) e ancora: «[…]serbava tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2, 51). Oltre a Gesù, Maria nella Scrittura è l’unica persona a cui il termine “cuore” viene esplicitamente riferito. È giusto allora cercare di comprendere le caratteristiche, i tratti di questo cuore. Parafrasando Geremia 3,15: «Vi darò pastori secondo il mio cuore», si può affermare che il cuore di Maria è cuore secondo il cuore di Dio, un cuore preparato da Dio stesso, come il racconto dell’annunciazione lascia intendere.
«Rallegrati, o piena di grazia» (Lc 1, 28): è il saluto che l’angelo rivolge a Maria, ma queste sono parole che, oltre a salutare Maria, indicano anche un’azione previa di Dio, azione che ha trasformato Maria, in vista del ruolo che l’attendeva, quello di divenire la madre del Messia. Quale sia l’effetto della grazia ce lo ricorda san Paolo nella lettera ai Romani: togliere il peccato (cf. Rm 5, 15-17). Se leggiamo questa affermazione alla luce di Ef 1, 1-6 in riferimento a Maria possiamo dire che la grazia non solo aveva liberato Maria dal peccato, ma l’aveva anche purificata e santificata.
L’azione previa di Dio prepara il cuore di Maria al fiat, in virtù del quale il cuore di Maria diventa luogo dove Gesù e Maria stessa si incontrano, instaurando un rapporto-alleanza amante ed operante, ordinato alla gloria del Padre e alla salvezza del genere umano. Il fiat è dunque parola di alleanza, frutto del cuore nuovo datole da Dio, perciò è giusto chiederci quali sono i lineamenti spirituali del cuore che l’ha emessa.

Un cuore umile e semplice

Il prefazio del formulario n° 28 della Raccolta delle messe della beata Vergine Maria mette in evidenza come il cuore della Vergine sia un cuore semplice e puro, che ha meritato di accogliere il tuo [di Dio] Figlio. La semplicità è una caratteristica dell’umiltà: essa esprime la disponibilità e la capacità della persona di fidarsi totalmente dell’altro, di accogliere e aderire ad un progetto senza cercarvi utile tornaconto, dice in ultima analisi fiducioso abbandono. Il fiat della Vergine, decisivo per l’attuarsi della pienezza dei tempi (cf. Gal 4, 4), è sgorgato da un cuore umile e semplice, consapevole del proprio limite, ma pieno di fiducia in Dio, fiducia che è propria dei poveri del Signore.

Un cuore sapiente

Il riferimento biblico al cuore sapiente è subito evidente, è l’atteggiamento di Maria che, sia a Betlemme, dove i pastori lodavano suo figlio appena nato (cf. Lc 2, 19), sia a Gerusalemme, nell’episodio oscuro relativo allo smarrimento e ritrovamento di Gesù fanciullo al tempio (cf. Lc 2, 50-51), conservava nel suo cuore tutti gli avvenimenti. Il suo “custodire” non è un semplice conservare, ma un cercare di comprendere, alla luce della parola profetica, gli avvenimenti che andavano compiendosi in riferimento al Figlio. Un avveramento sicuro quanto imprevedibile nelle modalità.

Pellegrini al Santuario di Fatima

Quasi un lavoro da esegeta, non con tecnica di studioso che spiega la Bibbia con la Bibbia, ma di donna santa, che paragona le parole lette nei profeti con le parole udite da Gabriele e con i fatti accaduti nella sua vita, di cui sola aveva l’incomunicabile esperienza. Maria è lezione vivente di approfondimento della Parola di Dio: lettura penetrante ed amorosa dei testi, raffrontati tra loro e con i fatti della propria vita. Una sapienza che nasce dall’ascolto della parola per meditarla nel cuore, atteggiamento tipico del discepolo del Signore.
Un conservare nel cuore, su cui incessantemente ritorna e che orienta ogni passo della sua esistenza fino alla vetta del Calvario (cf. LG 58), dove si compirà la profezia di Simeone (cf. Lc 2, 35), il suo cuore di Madre sarà trafitto, trafittura che genererà un cuore misericorde. Maria dunque è la «Vergine dell’ascolto», come ama definirla Paolo VI nella Marialis cultus, modello di accoglimento della Parola, modello per la Chiesa offerto da Dio nella sua bontà senza limiti.

Un cuore gioioso e orante

Di Maria, ancora nel vangelo di Luca, si legge che, dopo il fiat detto a Dio si reca a far visita ad Elisabetta, sua anziana parente (cf. Lc 1, 36). «Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo» (Lc 1, 41): è questa una sottolineatura importante, dalla quale, si può cogliere come il cuore di Maria sia ricolmo di gioia, sia un cuore gioioso – una persona, attraverso la voce, trasmette il proprio stato d’animo –, una gioia che scaturisce dal portare nel grembo il Figlio di Dio, la fonte della gioia.
Questa gioia Maria stessa la canta con il Magnificat, canto di gioia per eccellenza, e nel Magnificat: «il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1, 47). Il cuore gioioso di Maria esprime la capacità che ella ha di leggere la propria vita e di scoprirvi l’intervento di Dio, capacità ben descritta dalla Marialis cultus quando parla della preghiera del rosario, che è «la meditazione dei misteri della vita del Signore, visti attraverso il cuore di colei che al Signore fu più vicina» (MC 47). E i misteri gaudiosi sono tra questi.

Pellegrini al Santuario di Fatima

Certo il cuore di Maria non sarà sempre nella gioia: anche per lei ci saranno giorni tristi, ma, come recita il prefazio del formulario 15 della Raccolta delle messe della beata Vergine Maria – Santa Maria nella risurrezione del Signore -, Dio stesso, con la risurrezione del Signore, colmerà di letizia ineffabile il cuore della Madre. Nella spiritualità veterotestamentaria la gioia si rende manifesta nella preghiera innalzando a Dio un canto di lode: tale è il Magnificat, canto sgorgato dal cuore di Maria, testimonianza questa che attesta come il cuore di Maria sia un cuore orante.
Pregare è dialogare con Dio: questo atteggiamento è proprio di Maria nell’annunciazione, infatti all’angelo che le rivela il disegno di Dio (cf. Lc 1, 28-33) lei risponde interrogando sul come questo sia possibile: «Come è possibile? Non conosco uomo» (Lc 1, 34). Tale interrogativo esprime la libertà di un cuore orante che ha posto tutta la sua fede in Dio che ama «[…] con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6, 5), come prova la fiduciosa risposta che affida all’angelo: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1, 38a). Ma è la preghiera del Magnificat che rivela a quale profondità sia arrivato il suo dialogare con Dio: in esso Maria glorifica Dio, suo Salvatore, perché ha guardato all’umile sua serva e per le grandi cose che ha compiuto, in favore del suo popolo Israele (cf. Lc 1, 46a-49.54).
Il cuore orante di Maria si disvela in pienezza quando si apre all’altro, si fa intercessione e sostegno. Due sono gli episodi che ci ricordano queste due caratteristiche: le nozze di Cana (Gv 2, 1-11) e la Vergine orante nel Cenacolo (At 1, 13-14). Nel primo, accortasi della difficoltà incombente sui giovani sposi, chiede al Figlio di intervenire, non suggerisce modalità ma, dimostrando la sua fiducia, chiede solo il suo intervento, certa di essere esaudita: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2, 5). L’autore degli Atti degli apostoli, sottolinea come, insieme ai discepoli riuniti nel Cenacolo, era presente la madre di Gesù in atteggiamento orante ed essi con lei: «Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui» (At 1, 14).

Un cuore offerente

Fin dal medioevo si è iniziato a leggere nel testo evangelico della presentazione di Gesù al Tempio (Lc 2, 21-24) un gesto oblativo di Maria, scrive san Bernardo: «Offri il tuo Figlio, o Vergine santa, e presenta al Signore il frutto benedetto del tuo seno. Offri per la riconciliazione di noi tutti la vittima santa, a Dio gradita». In questo gesto si rileva «la continuità dell’offerta fondamentale che il Verbo incarnato fece al Padre, entrando nel mondo» (MC 20); gesto che sul Calvario trovò compimento, perché lì l’offerta di Cristo (cf. Eb 9, 14) trova consenziente Maria (cf. LG 57); gesto che testimonia la fedeltà al disegno del Padre a tal punto che anche di lei si può dire parafrasando Giovanni 3, 16 che ha tanto amato il mondo da donare l’unico suo Figlio, dono per la nostra salvezza

Un cuore addolorato

Oggi la maggior parte degli esegeti sono concordi nel leggere l’episodio di Maria ai piedi della croce come il compimento di una “nuova” maternità, anzi il diventare madre universale è la vocazione specifica di Maria; la sua presenza sul Calvario permette a Gesù di portare a compimento le Scritture. Infatti, Gesù, dopo aver affidato Maria, sua madre, al discepolo e quest’ultimo a sua madre, può dire che tutto si è compiuto; il disegno di Dio si è realizzato in questa nuova maternità.
La pietà popolare fin dall’ottavo secolo aveva cominciato a comprendere come Maria non fosse solo madre di Cristo; nell’invocarla chiedeva che si rivelasse madre non solo di Cristo, ma anche dei cristiani: «Monstra te esse matrem, non solum Christi, sed et christianorum (Mostrati di essere madre, non solo di Cristo, ma anche dei cristiani)».
Ma è soprattutto il medio evo che contribuisce allo sviluppo di questa esegesi, grazie all’interpretazione mistica di Ruperto di Deutz e di Gerhoh di Reichersberg. L’abate di Deutz, interpretando l’episodio di Maria ai piedi della croce di Gesù (cf. Gv 19, 25-27) in relazione alla profezia di Simeone circa la spada che avrebbe trafitto Maria (cf. Lc 2, 35) e all’episodio della donna che partorisce nei dolori (cf. Gv 16, 21-22), afferma che è solo ai piedi della croce di Gesù che la Vergine di Nazaret diventa pienamente Madre. Infatti, come a Betlemme aveva dato alla luce, senza dolori, Gesù, ora sul Calvario partorisce, nel dolore, colui che è la nostra salvezza, e avendo dato alla luce il Salvatore-salvezza la Vergine diviene Madre di tutti noi.
Gerhoh riprende questa interpretazione affermando che sul Golgota, Maria, oltre a diventare madre di tutti gli apostoli, simboleggianti la nuova chiesa universale, partorisce tutti coloro per i quali suo Figlio aveva pregato (cf. Gv 17, 20), diventandone madre spirituale. Il suggello a questa lettura esegetica viene ad opera di Oddone di Morimond, il quale afferma che il Cristo morente nel discepolo amato vede tutti noi, in lui ci ama, in lui ci parla e in lui ci dona Maria come Madre, ed ella esercita verso di noi la sua maternità intercedendo.
Sul Calvario Maria è interpellata nuovamente da Dio, è chiamata a pronunciare un nuovo fiat, un fiat costato un prezzo elevato, la vita di suo Figlio. Ma lei, donna dal cuore nuovo, attenta al compiersi della divina parola silente lo pronuncia; accetta di “rinunciare” alla Carne della sua carne per accogliere tutti noi. Durante la presentazione al tempio di Gesù, Simeone, «uomo giusto e timorato di Dio» (Lc 2, 25), rivolgendosi a Maria fece un’oscura profezia: «Egli [Gesù] è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione. E anche a te una spada trafiggerà l’anima affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2, 34-35).
L’interpretazione di questa profezia non trova d’accordo a tutt’oggi tutti gli esegeti, essa presenta ancora molti lati oscuri; indubbia ne è però la realizzazione sul Golgota. La profezia «E anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2, 35), si compie ai piedi della croce; Maria partecipa alla passione di suo Figlio: «Il tuo costato [di Gesù] fu sì trafitto, ma nello stesso istante lo fu anche il mio [di Maria] cuore», queste parole Simeone Metafraste mette sulla bocca della Madre di Gesù. Testimonianza questa di come una lunga tradizione orientale fa del cuore di Maria il luogo stesso della passione di Cristo.
Il cammino di fede di Maria va dunque compiendosi; a questo, suo Figlio l’aveva preparata. Il cuore nuovo donatole da Dio in vista della sua divina maternità assume ora gli ultimi connotati, diventa cuore addolorato prima, quando partecipa al dolore del Figlio e poi cuore misericorde, quando silente risponde fiat al volere del Figlio che le affida il discepolo amato. Con questa accettazione Maria porta a compimento il disegno che l’Eterno aveva pensato per Lei, essere Madre di Misericordia, Madre di riconciliazione.
La nuova alleanza, iniziata a Nazaret con il fiat della Vergine nazaretana, può dirsi ora conclusa sul Calvario, con il dono dello Spirito da parte di Cristo (Gv 19, 30). Gesù non è morto senza scopo, l’uomo ora – se vorrà – si potrà salvare e Maria condividerà la volontà salvifica di suo Figlio. Lo Spirito che Cristo dona è il fondamento della nuova alleanza, Colui che scriverà nel cuore degli uomini l’amore di Dio. Il sangue, infatti, rappresenta l’amore dimostrato, consumato, o meglio l’amore che si dona oltre ogni limite, l’acqua è l’amore comunicato.

Conclusione

Il cuore addolorato di Maria è cuore misericorde. Il suo compartecipare alla passione del Figlio ha permesso a Dio di completare l’opera da Lui iniziata a Nazaret quando aveva donato a Maria un cuore nuovo, ora quel cuore è ricolmo di misericordia, che ella dovrà riversare verso i peccatori che volgeranno lo sguardo alla sua materna carità. Per Cristo il cuore di Maria, in virtù del fiat nazaretano, è diventato luogo di alleanza, per noi, grazie al fiat del Calvario, è diventato luogo di misericordia; per questo tutti i fedeli le chiedono di “mostrarsi Madre”, al suo cuore materno bussano chiedendo aiuto e protezione, chiedendo intercessione e amore.
Sua missione è intercedere; come Madre misericorde ci indica la via per arrivare alla fonte della misericordia, per arrivare a Colui che ci ha amato oltre ogni limite.
La Chiesa, proponendoci Maria come modello, ci invita a far nostri alcuni tratti o elementi della sua vita, anche noi quindi siamo chiamati ad aver un cuore misericorde, un cuore che sappia amare tutti in modo indistinto. Ma per aver questo cuore dobbiamo come lei metterci alla sequela di Cristo, ascoltando la sua Parola, conservandola nel cuore, lasciandoci plasmare dallo Spirito Santo; solo se avremo un “cuore d’amore” sapremo amare oltre ogni limite.
di Padre Gino Alberto Faccioli, ISSR “Santa Maria di Monte Berico”