Amore imperfetto

Si moltiplicano le riflessioni su l’amore imperfetto. Il recente seminario della Pontificia Commissione per la Famiglia su «L’amore imperfetto. La madre e il padre nell’educazione dei figli», così come i recenti libri della psicologa Grazia Attili o quelli della neuropsichiatra Mariolina Ceriotti accettano di lasciarsi provocare dall’imperfezione dell’amore, sia quello che abbiamo ricevuto che quello che siamo chiamati a dare.

L’attuale disorientamento della famiglia e dei suoi membri non nasce solo al suo interno. Così il suo superamento non è ottenibile solo con una dettagliata descrizione delle dinamiche familiari: esse rimandano a una ferita più profonda.

La madre, il padre, i figli di cui si parla a proposito dell’amore imperfetto vengono oggi invasi dal modello di cultura dominante nei loro affetti e vissuti attraverso controlli e proposte pervasive e storicamente inedite. Per convincersene (oltre a seguire le notizie) basta guardare – come ha fatto Michel Foucault – alla straordinaria moltiplicazione dei dispositivi giudiziari e amministrativi, che da allora hanno ulteriormente dilagato in ogni ambito dell’esperienza umana. I rapporti tra i genitori e quelli coi loro figli vengono oggi sottoposti a dettagliati interventi di regolazione e omologazione da parte di autorità nazionali e sovranazionali, oltre che del sistema di comunicazione globale in cui siamo costantemente immersi.

Insieme a questo assedio pubblico alla vita della famiglia si è sviluppata la sua distanza nei confronti di Dio. L’imperfezione nell’amore è fortemente legata a quella trasformazione profonda nel rapporto con l’altro chiamata “processo di secolarizzazione”, durante il quale il rapporto con l’altro inteso come Dio è stato gradualmente emarginato dalla vita dell’uomo, fino a venire considerato un’eventualità privata, senza rilevanza per la vita pubblica. Come ha osservato Romano Guardini, nella secolarizzazione l’incontro col mondo «sembra essersi trasformato in un rapporto di mera oggettualità. Il mondo diventa oggetto». In questa ottica anche le madri, i padri, i figli, i rapporti tra di loro, diventano oggetti da osservare. Le scienze (e la stessa psicologia) quando guardano all’uomo coi metodi oggettivanti delle scienze naturali, faticano ad accettarne il mistero. Diventano allora più rari e difficili, nota ancora Guardini, «l’atteggiamento del dischiudersi, dell’ascolto attento e dell’immergersi».

L’allontanamento dell’esperienza religiosa e le sue conseguenze sul rapporto con l’altro, la visione oggettivante delle tecnoscienze e l’indebolimento del soggetto umano, l’indifferenza al senso nel linguaggio preoccupato solo di ricostruire le cause, condizionano e determinano lo scenario in cui si muovono gli attori della famiglia di oggi: la madre, il padre, i figli, e la qualità dell’amore che in essa si realizza (o non si realizza).

Claudio Risé

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