USA: Colpire al cuore l’egoismo selvaggio

Avvenire comincia oggi un viaggio nei cantieri della nuova evangelizzazione. Paesi e realtà, dalla consolidata tradizione cristiana, in cui dirsi credenti è però spesso un’affermazione svuotata di senso, che non si traduce in scelte di vita. Il nostro itinerario vuol essere un’ideale preparazione all’Anno della fede, indetto da Benedetto XVI, che si aprirà il prossimo 11 ottobre, 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II e 20° del Catechismo della Chiesa cattolica. Un viaggio, come scrive il Papa nella Lettera apostolica “Porta Fidei”, alla riscoperta dei «contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata».

È il Paese industrializzato più devoto al mondo, dove l’80% della popolazione si definisce religiosa e quasi due terzi prega regolarmente e si considera «socialmente tradizionalista». Eppure in questo stesso Paese, gli Stati Uniti d’America, vigono le regole più permissive del mondo sull’aborto e sulla procreazione assistita. Esiste ancora la pena di morte. E la ricerca sugli embrioni è assolutamente permessa.

È su queste contraddizioni che si concentra lo sforzo di evangelizzazione che i pastori cattolici americani vogliono intensificare a partire da ottobre. Perché, come ha scritto Benedetto XVI nella lettera apostolica con la quale ha indetto l’Anno della fede, «il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti». Negli Usa questo significa aiutare i cattolici a contrastare la storica, ma sempre più forte, tendenza all’individualismo estremo, spesso narcisista, che difende a spada tratta i propri diritti senza fermarsi a riflettere sulle loro implicazioni morali o sulle conseguenze per il bene comune. «L’egoismo selvaggio è diventato una malattia nazionale», ammetteva di recente persino il New York Times – un quotidiano a sua volta liberal – nella pagina dei commenti. Per una volta, i vescovi cattolici sono d’accordo. Ma, a differenza della stampa laica, i presuli sanno come rispondere a chi cataloga fra le libertà individuali inviolabili il diritto di abortire, di creare embrioni destinati alla morte, di non pagare le tasse, di permettere ai gay di sposarsi e agli studenti di vendere i loro gameti anonimamente e ripetutamente. Con un richiamo missionario al messaggio del Vangelo nella sua purezza. Senza compromessi.

La prova? È notizia delle ultime settimane, stando alla stampa americana, che negli Stati Uniti l’esperimento della Chiesa “liberal” è fallito. Ogni denominazione – episcopaliana, metodista, luterana e presbiteriana – che abbia provato ad adattarsi ai valori della società contemporanea ha assistito a un crollo delle presenze e delle vocazioni. All’interno della Chiesa cattolica, gli ordini più progressisti non sono riusciti a generare le vocazioni necessarie a sostenersi. E poiché il cattolicesimo liberal non ha ispirato una nuova generazione di suore e frati, gli ospedali cattolici stanno passando nelle mani di amministratori più interessati ai profitti che alla carità.

La strada da intraprendere, allora, è chiara. «Abbracciare l’insegnamento di una fede militante – spiega l’arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale Usa, il cardinaleTimothy Dolan – abbandonare la presunzione che i cattolici conoscano la ricchezza e le implicazioni della loro fede e ammettere che non la conoscono. Prenderci cura con amore del nostro gregge che si è fatto più cinico, più indifferente». Questo insegnamento dovrà dunque comprendere forti riferimenti alla dottrina sociale della Chiesa nei confronti dei più bisognosi (dei quali ampie fazioni politiche di destra tendono a dimenticarsi) e alla sacralità della vita (che ampie fazioni di sinistra considerano troppo rigida).

E la risposta può essere positiva, stando a un osservatore laico come Stephen Prothero, docente di religione all’Università di Boston, perché l’America «ha da sempre uno stretto rapporto con Dio». «La fede in Dio è intrecciata nel tessuto della cultura americana – spiega – questa è una società fondamentalmente ottimista che non ha paura di proclamare la propria fede e ora è alla ricerca di valori solidi su cui ricostruire le proprie fondamenta». Un terreno fertile per la nuova evangelizzazione.

 

Elena Molinari

fonte: www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/sfidacredere1Usa.aspx

 

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