Sopo Shenuda

Dopo 41 anni di ininterrotto patriarcato di papa Shenuda III, defunto il 17 marzo di quest’anno, la Chiesa copto-ortodossa di Alessandria ha eletto la sua nuova guida spirituale. Presso la cattedrale di San Marco nel quartiere dell’Abbaseya al Cairo, ha nominato, dopo un lunghissimo iter, l’ex vescovo Tawadrus II 60 anni, della provincia di al-Behira, nel Delta del Nilo, diplomato in farmacia presso l’Università di Alessandria ed ex ausiliario del metropolita Pakhomios, che ha assunto l’interim del patriarcato dopo la morte di Shenuda III. Gli altri due candidati erano il vescovo Rafael, di 54 anni, medico di formazione e responsabile delle chiese del centro del Cairo, e padre Rafael Ava-Mina, di 70 anni, diplomato al Cairo in diritto e monaco presso il monastero di Mar-Mina vicino ad Alessandria.

Complicatissime le procedure per giungere alla nomina del nuovo patriarca, al punto che da più parti, non soltanto nell’ultimo periodo, diverse voci si sono levate per chiederne lo snellimento. Ma non solo: in molti lamentano che gli oltre quarant’anni di patriarcato di Shenuda III – personalità carismatica amatissima dai suoi seguaci, e fine intellettuale autore di oltre cento libri – abbiano visto una sorta di “oligarchia” delle personalità prossime al papa, e l’allontanamento sistematico di tutte le figure a lui sgradite. Una condizione che rende, se non imperativo, quanto meno urgente un cambiamento di rotta nella conduzione della Chiesa copto-ortodossa.

Singolare, e per certi versi antiquata, anche la procedura per la nomina del nuovo papa, che a sua volta, a detta di numerosi cristiani, dovrebbe al più presto essere abrogata. A decidere il nome del patriarca della Chiesa d’Alessandria è infatti, né più né meno, che un sorteggio assegnato al caso. Un bambino bendato, scelto fra 12 chierichetti, pesca da un’urna di vetro uno dei tre biglietti contenenti i nomi dei finalisti. Quello che i suoi polpastrelli – secondo la tradizione, “guidati da Dio” – avranno afferrato sarà il nuovo papa. Un criterio che, stando alle frange più avanguardiste della Chiesa di Alessandria, è del tutto obsoleto e non rende giustizia della votazione di oltre 2000 votanti scrupolosamente selezionati, in precedenza, all’interno della gerarchia.

Sia come sia, da ieri mattina, dopo che presso la cattedrale cairota è stato proclamato il successore di Shenuda III, la Chiesa copto-ortodossa – che conta circa 8 milioni di credenti in Egitto – ha ora un nuovo patriarca: il 118esimo della sua storia.

Una storia lunga, che comincia nel I secolo d.C. con San Marco, discepolo di Paolo di Tarso e primo diffusore del cristianesimo in Egitto, e soggiace presto all’influenza del patriarcato di Alessandria differenziandosi così dal cristianesimo europeo soggetto a quello di Costantinopoli. Una storia che, nel 451, con il Concilio di Calcedonia, ha il suo momento decisivo. I copti – parola che deriva dall’antico termine greco aygiptios, “egiziani” – non ne riconoscono i decreti sulla contemporanea natura umana e divina di Cristo, e continuando ad affidarsi alle decisioni dei concili precedenti danno vita, insieme ai nestoriani, a uno scisma.

Con l’arrivo dei musulmani in Egitto, dopo la conquista di Amr Ibn El-Azz nel VII secolo, comincia la loro condizione di minoranza accettata ma mai parificata, e quel lungo percorso che fino a oggi ha visto alternarsi periodi di pace e fasi di discriminazione. Con la Rivoluzione del 25 gennaio 2011, i copti sperano di trovare una condizione di “unità” con i loro compatrioti musulmani, ma subito dopo riprendono le persecuzioni, in primo luogo da parte dei salafiti. Oggi, con Mohammad Morsi al potere, la questione della loro libertà di culto e dei loro diritti di minoranza è più che mai viva, e il nuovo papa Tawadrus II dovrà affrontare – tra le altre richieste sottopostegli fin d’ora dalla comunità cristiana – quella di una Costituzione nella quale gli islamisti vorrebbero inserire, come referente principale e irrinunciabile del diritto, la Sharia.

Marco Alloni – dal Corriere del Ticino

(5 novembre 2012)

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