
La prudenza vaticana e la franchezza del vescovo di Tripoli
di Sandro Magister
Durante il concistoro del 20-23 febbraio è stato diffuso un
comunicato che così esordiva: “Il Santo Padre e i cardinali hanno elevato al Signore una particolare supplica per i numerosi cristiani che, in diverse parti del mondo, sono sempre più frequentemente vittime di atti di intolleranza o di persecuzione… a causa del Vangelo”. Ma più avanti, nello stesso comunicato si è fatta questa precisazione: “Purtroppo, si è avuto modo di notare che molti dei conflitti in corso vengono descritti come di natura religiosa, non di rado contrapponendo surrettiziamente cristiani e musulmani, mentre si tratta di conflitti che hanno primariamente radici di natura etnica, politica o economica”. È una precisazione, questa, che ricorre spesso da parte di esponenti della Chiesa. Ed è chiaramente dettata da ragioni prudenziali. Pochi giorni dopo, però, dalla Libia un vescovo ha rotto con le convenzioni e ha detto esattamente l’opposto. Un dispaccio del 25 febbraio di “
Fides“, l’agenzia della congregazione vaticana di Propaganda Fide, ha riferito che monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, “esclude che vi siano motivazione politiche o economiche alla base della strage. Questa è opera dei fondamentalisti che vogliono mettersi in evidenza spargendo il sangue di vittime innocenti. I copti ortodossi sono da tempo il loro bersaglio”. La strage a cui Martinelli fa riferimento è avvenuta il 23 febbraio a Bengasi, in Cirenaica, e ha avuto come vittime sette operai egiziani di confessione copto ortodossa. I sette sono stati prelevati nelle loro abitazioni da uomini armati e i loro corpi sono stati ritrovati il giorno successivo alla periferia della città. Le vittime sono state uccise da colpi d’arma da fuoco al petto e alla testa. Il vicario apostolico di Bengasi ha recuperato le salme delle vittime per poi consegnarle alla comunità copta. A livello mondiale, l’ultimo rapporto del
Pew Research sulla presenza di conflitti religiosi nei vari paesi, pubblicato in gennaio, registra un netto aumento della conflittualità, che nel 2012 è risultata alta nel 33 per cento dei 198 paesi esaminati, contro il 29 per cento del 2011 e il 20 per cento del 2007.
Fonte: Magister.blogautore.