Nascere in Togo

Per le popolazioni del sud del Togo la nascita di un bambino significa il ritorno di un antenato. Presentiamo alcuni riti che accompagno l’inserimento del neonato nel cosmo e nella società.

In Africa una nascita non è mai un ‘avvenimento normale, monotono o indifferente. E questo perché ogni nascita è l’affermazione della vita sulla morte. La nascita è ritorno di un antenato nel mondo della vita manifesta (agbetome) con tutto quello che ciò comporta.

Durante la gravidanza, la futura mamma deve evitare di mangiare le uova, poiché l’uovo contiene la vita e mangiarlo sarebbe come voler fare un affronto alla vita stessa; deve evitare di mangiare il granchio e la scimmia altrimenti il bambino camminerebbe come loro; deve evitare di fissare il camaleonte poiché perderebbe il bambino. Infatti fissare il camaleonte sarebbe come volere provocarlo, lui, che era presente al sorgere del mondo ed ha seguito i primi passi dell’uomo sulla terra, invitandolo ad agire con circospezione e prudenza. Si deve quindi evitare di disturbare il camaleonte, di spaventarlo; in tutti i casi è meglio cambiare direzione se si dovesse incontrarlo.

 

Si dice che prima di incarnarsi nel seno della madre i bambini dimorino in una mitica bome, o mondo delle possibilità, prima di essere inviati nel mondo della vita manifesta o cerchio della vita: agbetome. Prima dell’invio, il futuro bambino riceverà il se o anima del destino che sarà manifestata al geomante attraverso il segno geomantico delkpoli.

Nel mondo di bome, il futuro feto riceverà ancora il dzo o anima clanica trasmessa dagli antenati che legherà strettamente il nascituro al destino dell’antenato ed il nuovo vivente dovrà, in un certo qual modo, ripetere il cammino di vita dell’antenato che l’ha inviato nel mondo. Da questo dzo dipende anche il dzagbe dell’invio la fortuna, o la sfortuna che accompagnano ogni vivente.

A questo punto, il figlio di bomeno (madre di bome) è inviato nel seno materno dove riceverà il kla (o anima individuale), il gbogbo (o soffio vitale), il nutila o corpo materiale, il se xoto (il se del padre) e il se xono (se della madre) o destino individuale trasmesso dai genitori.

Dal bome, Mawu (divinità suprema) manda nel mondo gli individui a due a due, un uomo ed una donna che dovranno poi incontrarsi sulla terra, un giorno, per formare una famiglia. La donna che incontrerà il marito scelto dal destino, si chiamerà sessi, o moglie del destino.

Con la nascita, il neonato non è automaticamente accettato e inserito nella società, ma dovrà sottoporsi a riti di ‘scoperta’ della sua persona, di accettazione e di inserimento nell’agbetome o cerchio della vita.

Il tempo cosmico

La prima inserzione o integrazione naturalmente è quella che lo immette nel tempo cosmico. Il nuovo nato riceve allora un nome tenendo conto del giorno della settimana e del suo sesso; i nomi sono sempre legati a circostanze o avvenimenti accaduti il giorno della nascita. Il nome è attribuito dalle zie materne col consenso del padre.

Il momento più importante vissuto dalla famiglia è quello in cui il neonato è inserito nel clan e nella società. In questo giorno che egli nascerà ufficialmente attraverso i riti di videto e di dzoto.

Íl videto comincia con un periodo di reclusione e di separazione dalla madre, periodo che dura sette giorni per una femminuccia e nove per un maschietto. La madre deve restare chiusa in casa e non può mostrarsi in pubblico perché il neonato non ha ancora alcun diritto di entrare in contatto con il mondo reale poiché egli non è ancora figlio di nessuno. L’ottavo giorno, le zie paterne portano in una bacinella del tessuto nuovo, un abito del padre, una spazzola per capelli, della pomata ed una lanterna. La più anziana delle zie apre la porta, entra in camera, prende il neonato e comincia ad uscire dalla camera. Nello stesso momento, un’altra zia lancia dell’acqua sul tetto della capanna, quando le gocce ricadono al suolo, colei che sorregge il neonato esce e fa in modo che alcune gocce gli cadano sul capo. Questo breve rito è ripetuto sette volte.

La zia più anziana pronuncia delle invocazioni al vodù del clan e all’antenato augurando il benvenuto, la pace, la salute, e lunga vita al bimbo. Allora si proclama ad alta voce il nome scelto per il bambino, nome legato in questo caso all’esistenza stessa e al destino del bambino. Il neonato è vestito con abiti nuovi ed è posto su una stuoia: lo si può toccare, accarezzare, ammirare e prendere in braccio. Vicino a lui si pongono anche dei regali. Un pasto comunitario conclude il rito.

Dzoto o amedzodzo è il secondo rito destinato ad inserire stabilmente ed a pieno diritto il neonato nel mondo reale. Esso consiste nello scoprire l’antenato, che ha mandato il bambino e che gli ha trasmesso la sua forza clanica, il dzo. Per far ciò si ricorre al geomante del clan, e l’antenato che sarà ‘trovato’ non oltrepasserà la quarta generazione. La madre del neonato tiene nella mano degli oggetti rappresentanti quegli antenati. Una volta riconosciuto l’antenato, il geomante stabilirà se si dovrà fissare al suolo una canna di ferro che è un piccolo altare (se agbata) o se si dovrà invece innalzargli una statuetta in legno scolpita molto grezzamente e posta accanto alla porta dell’abitazione.

Qualora l’antenato desideri essere rappresentato solo con la statuetta in legno, questo avverrà nel cortile davanti alla porta della casa della madre. Si scava un buco molto profondo in fondo al quale si pone una foglia dell’albero iroko, dopo aver versato le tre bevande: dzatsi (acqua infarinata), liha (liquore acidulo di mais fermentato) e sodabi (bevanda alcolica ricavata dal tronco di palma). Con queste tre libagioni si invoca l’antenato per la pace in famiglia, per l’unità del clan e perché la bevanda alcolica possa inseguire ed annientare i nemici della famiglia.

Nascere nel sud del Togo è quindi essere accolto da tutto e da tutti in perfetta e completa armonia. Il nuovo bambino o bambina avrà molto da imparare dalla natura che agisce attraverso le sue forze, i suoi vodù ei suoi antenati. (B.G.)

http://www.misna.org/culture/togo-linizio-della-vita-01-10-2013-813.html

 

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