Messaggio ai pellegrini

logoit_STJ500teresamuroMessaggio ai pellegrini “In cammino con Teresa di Gesù”

 

Calascibetta CL, 28 giugno 2015

Carissimi Padri Carmelitani e pellegrini tutti,
abbiamo ospitato con onore e gioia la preziosa reliquia di Santa Teresa d’Avila nella nostra Diocesi nissena lo scorso mese di maggio. Ora quei giorni di grazia e di profonda spiritualità trovano il loro compimento in questo pellegrinaggio, che dalla chiesa di Santa Maria del Monte Carmelo in Calascibetta si snoda fino al santuario diocesano della Madonna di Buon Riposo. E con molta gioia ho accolto la richiesta di scrivervi un messaggio per la lieta circostanza.
Santa Teresa d’Avila affermava che la preghiera «non è altro che un intimo rapporto di amicizia, un frequente trattenersi in solitudine con Colui da cui sappiamo di essere amati». Si tratta di un rapporto di amicizia, un rapporto tra persone, nella fede profonda che percepisce la Presenza viva e amorosa di Dio. Un rapporto cuore a cuore. E insegnava che pregare molto non significa pensare molto, ma amare molto. Ecco perché Santa Teresina di Lisieux sintetizzava la sua vocazione affermando: «Nel cuore della Chiesa, mia madre, sarò l’amore. Allora sarò tutto». Vivere la spiritualità carmelitana significa fare della vita un’orazione perenne, una preghiera continua, vivendo ogni istante alla Presenza di Dio accolta e custodita nella cella del cuore, pur nel feriale dispiegarsi dell’esistenza fatta respiro fra ora et labora.
San Giovanni della Croce ha scritto: «Quando l’anima cerca Dio, molto più il suo amato Signore cerca lei». Se questo anelito è custodito fedelmente diventa garanzia di un lungo cammino; se illanguidisce il cammino si arresta. Ciò che mantiene viva la ricerca del Volto di Dio e ne testimonia l’autenticità è la perseveranza, la preghiera continua nella cella dell’anima e nella clausura della fraternità. Perciò affermava Santa Teresa d’Avila «la porta attraverso cui mi vennero dal Signore tante grazie fu l’orazione, chiusa questa non saprei in quale altro modo potrei averle». L’orazione, che cresce in un colloquio sempre più intimo con Dio, rende il cuore più sensibile alle attese di Dio: la delicatezza, di un cuore che ama, coglie tutte le sfumature e sa intuire tutto ciò che può far piacere all’Amato. Così l’orazione diventa ricerca amorosa di “unione” con la volontà di Dio: «Amare è uscire da se stessi per perdersi in Colui che si ama» (Elisabetta della Trinità). E allora pregare non è primariamente “dire preghiere”, ma attendere una consonanza, stabilire una compassione fra Dio che si inchina a me ed io, con tutta la storia della mia vita, che mi inchino davanti a Lui, e in Lui e per Lui ai fratelli in umiltà. Certo che questo pellegrinaggio sarà un forte momento di preghiera e di grazia, tutti e ciascuno di cuore benedico nel Signore.

Mario Russotto
Vescovo di Caltanissetta