L’ultimo libro di Mauro Magatti e Chiara Giaccardi si interroga sui modelli di libertà della società di oggi e propone un’idea alternativa
Chiara Santomiero
Da sempre quello della libertà e del suo effettivo esercizio è un tema che interroga individui e società. Ma quali declinazioni assume in un contesto, come quello occidentale, di diritti riconosciuti? E perchè, nonostante la possibilità di autodeterminazione, le persone non sembrano più felici?”Generativi di tutto il mondo, unitevi! Manifesto per la società dei liberi” (Feltrinelli) è il titolo suggestivo del libro dei sociologi Mauro Magatti e Chiara Giaccardi, entrambi docenti all’Università Cattolica del sacro Cuore di Milano, che si interroga su un nuovo modello di libertà che vada oltre l’assenza di legami e costrizioni, come spiega l’autrice ad Aleteia.
Il libro parte dall’assunto che vivere la libertà in un periodo che non conosce costrizioni, è diverso che viverla in presenza di condizionamenti…
Giaccardi: Se pensiamo alle condizioni in cui sono vissuti i nostri nonni o i bisnonni, dobbiamo riconoscere che non c’è mai stata così tanta libertà come oggi. Il processo di liberazione, almeno in Occidente, è estremamente avanzato. Resta però la questione di cosa farsene di questa libertà. Nel libro citiamo una frase di Pasolini il quale affermava che chi pretende la libertà, non sa poi cosa farsene e in qualche modo la dissipa. Constatiamo tutti la inadeguatezza di un modello iper-liberalistico di libertà come autorealizzazione in assenza di vincoli e costrizioni, che ha prodotto quella che con sintesi felice è stata definita l’epoca delle “passioni tristi”. Allora ci siamo chiesti quali siano stati nella nostra vita i momenti di percezione di libertà e anche di felicità, perché libertà e felicità vanno insieme, e abbiamo trovato che il tema della generatività richiedeva una riflessione più approfondita.
Cosa bisogna intendere per “generatività”?
Giaccardi: Generare, come spieghiamo nel libro, non è solamente un fatto biologico. Noi generiamo anche ogni volta che raccogliamo un’eredità, un seme che qualcun altro ha gettato. Generare risponde al desiderio di far esistere qualcosa, il “mettere al mondo” qualcosa che abbia un valore spendendo le proprie energie per un’impresa, per l’insegnamento, per un’opera di artigianato. A questo si affianca il “prendersi cura”, perché se in tanti si è capaci di dare inizio a un progetto, sono molti meno quelli in grado di farli durare nel tempo. Noi, ad esempio, siamo sposati da 29 anni e sappiamo quanto impegno occorra per far durare un matrimonio ma chiunque ami coltivare delle piante sa che non basta metterle nel vaso: bisogna innaffiare, concimare, potare. Prendersi cura esige dedizione e creatività ed è, nello stesso tempo, un gesto di libertà. Generare, infine, significa anche “lasciare andare” perché a un certo punto bisogna riconoscere che ciò che hai messo al mondo andrà avanti con le sue forze o altri se ne prenderanno cura. Per tutti questi motivi, il tema del generare ci sembra capace di ricostruire un nuovo immaginario della libertà diverso da quello individualista.
Quanto è diffusa in questo momento un’idea di libertà oltre l’individualismo e più vicina a un modello di relazione? Avete colto dei segnali in questo senso?
Giaccardi: Ogni volta che ci troviamo a parlare di questo tema, in contesti anche molto diversi, riscontriamo una grandissima risposta, come se ci fosse un bisogno di un diverso immaginario della libertà. C’è il bisogno diffuso di trovare un’altra narrazione che risponda di più alla vita di ciascuno, perché ciascuno di noi ha generato qualcosa.
È per questo che il libro si intitola “Generativi di tutto il mondo unitevi”? È un appello ma per quale obiettivo?
Giaccardi: Per prima cosa per umanizzare i contesti in cui siamo. Tutti gli ambienti – l’università, il lavoro, la vita politica – sono competitivi, prevale l’atteggiamento predatorio piuttosto che quello generativo. Un’ottica generativa per preoccuparsi delle generazioni future, senza dissipare le risorse solo a nostro vantaggio e per ritessere il legame sociale che si è indebolito. Oggi la libertà è di fatto precaria perché da soli si è molto meno liberi, più vulnerabili, manipolabili, meno capaci di resistere alle pressioni fortissime del mondo in cui viviamo. Il legame, in realtà, è fonte di resistenza e nella relazione si trova libertà.
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