La lista di Bergoglio

Nel libro di Nello Scavo “La lista di Bergoglio”, in vendita dal 3 ottobre e presentato oggi da www.chiesa in anteprima, è riportata per la prima volta la trascrizione integrale dell’interrogatorio cui fu sottoposto Bergoglio dalla magistratura argentina l’8 novembre 2010, quindi in una data molto vicina alla sua elezione a papa.In esso vi sono alcuni passaggi in cui egli dice in breve, ma con chiarezza, che cosa pensa della teologia della liberazione.

Il primo passaggio del suo argomentare è il seguente:

“La scelta dei poveri risale ai primi secoli del cristianesimo. È nello stesso Vangelo. Se io oggi leggessi come omelia alcuni dei sermoni dei primi padri della Chiesa, del II-III secolo, su come si debbano trattare i poveri, direste che la mia omelia è da maoista o da trotzkista. La Chiesa ha sempre onorato la scelta di preferire i poveri. Considerava i poveri il tesoro della Chiesa. Durante la persecuzione del diacono Lorenzo, che era amministratore della diocesi, quando gli chiesero di portare tutti i tesori della Chiesa si presentò con una marea di poveri e disse: ‘Questi sono i tesori della Chiesa’. E sto parlando del II-III secolo. La scelta dei poveri viene dal Vangelo. Durante il Concilio Vaticano II si riformula la definizione di Chiesa come popolo di Dio ed è da lì che questo concetto si rinforza e, nella seconda conferenza generale dell’episcopato latinoamericano a Medellín, si trasforma nella forte identità dell’America Latina”.

Più avanti, richiesto di dire che cosa pensa dei sacerdoti impegnati nelle baraccopoli, Bergoglio risponde:

“È diverso per tutti i paesi dell’America Latina. In alcuni paesi furono coinvolti in mediazioni politiche: per esempio, una lettura del Vangelo con una ermeneutica marxista. Questo diede vita alla teologia della liberazione. In altri paesi si avvicinarono di più alla pietà popolare e si allontanarono da tutti gli impegni politici, se non optando per la politica con la ‘P’ maiuscola, per la promozione e l’assistenza ai poveri. La Santa Sede espresse due pareri, in quel momento, sulla teologia della liberazione, dove spiegava bene le differenze. Erano pareri molto aperti, che incoraggiavano il lavoro con i poveri, però all’interno di una ermeneutica cristiana, non presa in prestito da una qualche visione politica”.

E infine, dopo aver detto che i padri Yalics e Yorio, che era riuscito a strappare dal carcere, “avevano una posizione equilibrata, ortodossa e in linea con le due direttive della Santa Sede”, e richiesto di dire come era vista la teologia della liberazione dai generali al potere, dice ancora:

“C’erano dei personaggi di riferimento latinoamericani che le persone della dittatura consideravano baluardi del demonio, per esempio Camilo Torres, il prete colombiano. La dittatura aveva la tendenza a considerare questi riferimenti come qualcosa di puramente rivoluzionario, marxista, di sinistra, come una resa del Vangelo alla sinistra. Come ho dichiarato prima, sì, c’erano alcuni che insegnavano teologia con una ermeneutica marxista, una cosa che la Santa Sede non ha mai accettato; e altri che no, cercavano invece una presenza pastorale tra i poveri, a partire da una ermeneutica del Vangelo. I dirigenti della dittatura demonizzavano tutta la teologia della liberazione, tanto i preti che seguivano l’interpretazione marxista – che erano pochi in Argentina se paragonata ad altri paesi – quanto i preti che semplicemente vivevano la loro vocazione sacerdotale tra i poveri. Facevano di tutta l’erba un fascio”.

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/

 

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