IL GATTO… CON LA BORSA

I poveri, anche se privi di tutto, hanno sempre la propria fierezza da difendere, soprattutto quando questa è l’ultima cosa rimasta.

Un giorno, un contadino di un’oasi, rimasto senza il becco di un quattrino, andò da un ricco commerciante del vicino villaggio a chiedergli in prestito un po’ di danaro. Il vecchio raccolto era finito, quello nuovo era ancora nel campo, e in dispensa non c’era più niente da barattare. Ma poiché chiedere a prestito è un costume della gente della savana, il contadino decise di tentare la fortuna presso un commerciante di nome Sidi, sperando non fosse totalmente senza cuore.

«Sidi, gli disse, potresti anticiparmi un po’ di denaro sul mio prossimo raccolto di grano, che si annuncia assai buono? Potrò così comprare del tè, un po’ di zucchero e un paio di metri di tessuto di cotone per potermi sbarazzare di questi cenci che da anni ormai uso come pantaloni. Ti rimborserò senza dubbio. Dio m’è testimone!».

«Ascolta, amico gli rispose il commerciante. Per prima cosa, è un negozio che gestisco, non un istituto di credito. Secondo, non sono uno stupido da avanzare del denaro da chi non ha nulla di certo da darmi. Chi mi dice che il tuo raccolto non venga compromesso da un’ondata di freddo o da un abbassamento del livello dell’acqua nel tuo pozzo? E le cavallette dove le metti? Potrebbero invadere il tuo orto e il raccolto sparirebbe in un batter d’occhio». Poi aggiunse: «A meno che tu mi possa garantire al cento per cento che hai potere su questi fenomeni naturali». E scoppiò in una risata.

«Queste cose sono nelle mani di Dio» disse il contadino. «Da buon musulmano, dovresti saperlo, come pure dovresti sapere che Allah provvede. Ad ogni buon conto, il denaro che ti sto chiedendo in prestito verrebbe speso tutto nel tuo negozio e tu ne avresti del profitto. E poi, non sono forse io uno dei tuoi più fedeli clienti?».

«Fedele cliente – ribatté Sidi –. Non farmi ridere. Fedele al punto da meditare la mia rovina, domandandomi di anticipare del denaro su qualcosa che ancora non esiste. Senti, amico, t’ho già ascoltato abbastanza. Vattene e lasciami in pace. Ho già sciupato troppo tempo con te». Non contento, gli urlò: «Sparisci dalla mia vista».

II contadino ingoiò con rassegnazione l’insulto e se ne andò. Aveva gli occhi rossi dalla rabbia e si sentiva la gola chiusa da un nodo. Ma non avrebbe mai strisciato come un verme davanti al commerciante. I poveri, anche se privi di tutto, hanno sempre la propria fierezza da difendere, soprattutto quando questa è l’ultima cosa rimasta.

Quella stessa sera, il commerciate Sidi stava festeggiando sulla terrazza di casa in compagnia dell’amico Nujagma.

La cena, a base di carne di montone e cuscus, spandeva, tutt’intorno un profumo appetitoso. I due mangiavano e bevevano di gusto e discutevano appassionatamente. Tutt’ad un tratto, l’invitato si sentì raggelare il sangue nelle vene e diede in un’imprecazione: «Innahu Suleymana!( Per il potere di Salomone). Sidi, di chi è quel grosso gatto?», disse Nujagma.

«Quale gatto?» fece l’altro, voltandosi.

«Lì, alla tua destra riprese l’amico . Ti giuro che non ne ho mai visti di così grossi».

«È veramente enorme – disse Sidi –. In questa regione montagnosa le sorprese sono all’ordine del giorno. Proprio la settimana scorsa, mentre tu eri a Tamanrasset, la gente ha catturato ed ucciso un kambaltou. (Una persona che si ritiene abbia il potere di trasformarsi in belva per divorare altri esseri umani).

«Auzubillahi! (Che Dio mi protegga) esclamò Nujagma . Non ne ho mai sentito parlare. Che Dio mi scampi da queste creature: devono essere in relazione con i ginn (spiriti).

«Non bisogna credere a queste frottole – riprese Sidi –. Sai bene che la gente di qui è ignorante e molto superstiziosa: la loro capacità d’inventare cose non ha limiti. Anche dopo l’arrivo dell’islam, l’animismo è ancora molto diffuso. Per quanto riguarda noi due, invece, non sarà certo la visita di un gatto pidocchioso, certamente attirato dall’odore della carne, ad innervosirci. Lascialo perdere e contempla questo cielo stellato! Stasera pare più bello del solito».

«Hai ragione – convenne l’amico –. Del resto, il gatto ora se n’è andato. L’ho visto entrare in bottega».

«Ottimo! – esclamò Sidi –. Il magazzino è infestato dai topi. Quel gatto mi farà un buon servizio. E’ meglio che lo chiuda dentro». Così dicendo, Sidi s’alzò e chiuse la porta a chiave. Quindi, poiché la cena era finita, accompagnò l’amico a casa.

Quando fu di ritorno, si stese su una stuoia davanti alla porta della bottega. La sua avarizia era tale da indurlo a fare lui stesso la guardia ai propri averi, rifiutandosi d’ingaggiare uno dei molti disoccupati del villaggio. «Mi costerebbe un sacco di soldi» diceva.

Il mattino dopo, Sidi si svegliò molto presto. Era un periodo in cui il tè e lo zucchero vendevano molto bene e la gente veniva a bottega fin dal sorgere del sole. Spalancò la porta, e si mise dietro il banco.

Il primo cliente non tardò ad entrare. Questi fece, molti acquisti e tirò fuori una banconota di grosso taglio. Il commerciante allora aprì il cassetto in cui teneva la borsa dei soldi per dargli il resto, ma non la trovò. La cercò nell’armadietto, frugò sotto il tavolo, smosse alcuni sacchi, rovistò nel retrobottega… Invano. La borsa era sparita.

Sidi era agitatissimo. «Ci tenevo tutto il mio denaro» urlava a chi cercava di calmarlo. Attratti dalle grida, molti accorsero a vedere cos’era accaduto. «Forse hai dimenticato dove l’hai messa» gli disse un amico. «No, no rispose . Ieri sera, quando chiusi la porta a chiave, era ancora qui».

Rovistarono l’intero magazzino da cima a fondo, ma non trovarono che le orme di farina, chiaramente lasciate da un gatto, che partivano dal banco e si dirigevano verso una parete. «Dev’essere arrivato fino qui disse un uomo, poi ha spiccato un salto e se l’è squagliata passando tra le lamiere ed il muro». Un altro aggiunse: «Le orme sono parzialmente cancellate, come se vi fosse passato sopra qualcosa. Forse il gatto s’è trascinato dietro un oggetto che toccava terra».

A quelle parole, Sidi pensò subito che il gatto era scappato portandosi via il denaro, ma la gente trovò l’idea alquanto strampalata. «Per quale ragione, gli dissero, avrebbe preso del denaro? Che cosa se ne farebbe?». Alcuni, comunque, gli chiesero se la borsa era per caso di pelle. «Forse spiegarono il gatto, attratto dal suo particolare odore, l’ha presa per poterla mangiucchiare una volta uscito dalla bottega». Sidi, però, assicurò che la borsa era di stoffa.

Seguendo le orme del gatto, giunsero proprio alla casa del contadino che, il giorno prima, aveva chiesto aiuto a Sidi.

«Assalam alekum!» (Che la pace sia con te), gli dissero.

«Alekutn salam» (anche con te), rispose il contadino.

«Stiamo inseguendo un gatto, ripresero, che si suppone abbia rubato la borsa di Sidi. Abbiamo seguito le sue impronte ed esse ci hanno condotto fin qui. Ti chiediamo il permesso di continuare le nostre ricerche».

«Un gatto che ha rubato una borsa? – fece il contadino –. Mai sentito una cosa del genere! Comunque, se proprio volete proseguire le vostre ricerche, fate pure».

Le impronte conducevano fino al pozzo che il contadino aveva scavato al centro dell’orto. Qualcuno si sporse sopra il muretto, guardò giù, ma vide solo la propria immagine riflessa nell’acqua. Cercarono in ogni angolo della casa, ma del gatto neppure l’ombra. Allora decisero di tornare a casa.

Nei giorni che seguirono, Sidi si sentì molto depresso: il pensiero d’aver perso tutti quei soldi non gli dava pace.

Quanto al contadino, invece, egli veniva puntualmente al negozio ogni mattina, vestito come un principe. Faceva molti acquisti, pagava in contanti e se ne andava, senza mai dimenticarsi di chiedere al commerciante se avesse notizie del gatto che gli aveva rubato la borsa.

Bisogna sapere che, ancor prima di questo fatto, gli abitanti del villaggio erano al corrente del fatto che quel contadino aveva il potere di trasformarsi in gatto. Eppure, non ne fecero parola con nessuno. In fondo in fondo, erano contenti che uno di loro il più povero tra i poveri era riuscito a dare una sonora lezione a quel commerciante, avido e malvagio. Ovviamente, Sidi non trovò mai più la borsa con i soldi.

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