Il fermento della preghiera

di padre Anastasio Ballestrero ocd
Ciò che abbiamo detto finora della preghiera nella Regola, dell’impegno contemplativo della Regola, è detto di ogni singolo religioso o di ogni singola religiosa, sottolineando, così, che il Carmelo non è una Comunità che prega, ma c’è, prima di tutto, un insieme di fratelli che pregano personalmente, individualmente. Siamo prima chiamati per nome, anche in questa vocazione contemplativa e, dopo essere stati chiamati per nome, il Signore ci convoca, ci convoca a pregare insieme.

Immagini tratte da Uomini di Dio (Des hommes et des dieux) 2010, film diretto da Xavier Beauvois

Non ci dispensa dal pregare soli, anzi, vuole che il pregare soli diventi come un fermento, come una comunione misteriosa che ci rende oranti insieme, ci rende Comunità che prega. E anche questa esigenza è sottolineata dalla Regola con due altre prescrizioni. La prima è quella relativa alla preghiera liturgica: la preghiera delle Ore canoniche. È vero che la Regola dice che questa preghiera devono assolverla «coloro che sanno» però, sapendolo, è una preghiera che diventa obbligo di Comunità e la Liturgia delle Ore è una Liturgia che fa parte della preghiera del Carmelo.
È la Regola che prescrive la Liturgia delle Ore e così sottolinea due profonde dimensioni della realtà della nostra vita: prima di tutto, la nostra ecclesialità: siamo Chiesa che prega. Ci assumiamo in proprio questo ministero di Chiesa ch’è il pregare, questo Ufficio, ch’è regale con Cristo Signore, di stare davanti al Padre per cantare la sua Gloria, la sua Misericordia, adorare la sua Maestà e, soprattutto, ricevere il dono del suo amore. D’altra parte, è anche la caratteristica che lega la nostra vocazione carmelitana ad una visione sacerdotale della vita e che scandisce profondamente, specialmente nelle prospettive di quel tempo, l’appartenenza ad una Chiesa gerarchica, ad una Chiesa sacramentale che, come tale, prega.
È solo il Concilio Ecumenico Vaticano II che ha reso la Liturgia delle Ore una preghiera del popolo di Dio. Nell’ordinamento precedente, la preghiera delle Ore era la preghiera del clero. Questo mutamento, però, non ci deve far dimenticare che, ai tempi della nostra Regola, anche la vita religiosa non aveva la Liturgia delle Ore come impegno canonico. Non era così nella famiglia francescana, per esempio, mentre era così nella famiglia domenicana che era una famiglia decisamente clericale. Qualche d’uno ha voluto pensare che questa Liturgia delle Ore sia stata imposta a noi, dalla Regola, dalla matrice canonicale del patriarca che la Regola ci ha dato: sant’Alberto Avogadro era un canonico lateranense. Non è così. La verità è che il Carmelo ha sentito subito il suo essere Chiesa, il suo essere nella Chiesa con un ministero regale di preghiera.
D’altra parte, c’è un’altra riflessione da fare: che, attraverso la Liturgia delle Ore, e la Liturgia della Chiesa, noi realizziamo meglio e più compiutamente il comandamento della Regola: quello di pregare senza interruzione.
Infatti, se osserviamo, che cosa fa la Liturgia delle Ore, la Liturgia in generale? Assume il tempo come sua dimensione. È distesa, questa preghiera, nel tempo. Le Ore. Le ore scandite dalla preghiera, il ritmo continuo delle ore scandito da un ritmo continuo di preghiera. Le Ore mattutine, le Ore vespertine, le Ore notturne, le Ore meridiane. Ora, questa assunzione del tempo come dimensione perenne di preghiera è pienamente conforme a quell’ideale di preghiera senza interruzione che la Regola ci domanda. Ce lo domanda come persone e ce lo domanda come Comunità.

Immagini tratte da Uomini di Dio (Des hommes et des dieux) 2010, film diretto da Xavier Beauvois

C’è di più: che la Liturgia assume il tempo come spazio della preghiera, ma lo colma in una maniera ch’è così estremamente ricca e estremamente preziosa. Che cosa mette nel tempo la Liturgia? Mette la memoria continua dei misteri del Signore e mette, nella Liturgia, la Voce continua della Parola di Dio. La Liturgia è intessuta tutta così. Abbiamo i tempi liturgici nei quali i vari misteri vengono ripresi e resi pensiero quotidiano, attenzione continua: il tempo dell’Avvento, il tempo della Quaresima, il tempo della Pasqua, il tempo della Pentecoste, il tempo della ferialità, il tempo quotidiano, quello che oggi chiamiamo il tempo ordinario. Le stagioni che vengono arricchite dalla memoria dei misteri.
Ora, la Liturgia delle Ore opera questa immissione sacramentale, nel nostro tempo e nella nostra vita, dei santi misteri. D’altra parte, mentre fa questo, da un lato, dall’altro lato questo Dio reso presente è un Dio che parla, un Dio che si manifesta, un Dio che si rivela. E, allora, ecco la Parola di Dio ch’è come la sostanza di tutta la preghiera liturgica.
Giorno per giorno, ci viene offerta, ci viene proposta, ci viene analizzata con un criterio di sapienza con cui lo Spirito guida la Chiesa e che offre un altro appiglio, un altro riferimento, un altro stimolo alla continuità della nostra preghiera. Da solo devo meditare giorno e notte la Parola di Dio, in Comunità, le rare volte che ci raduniamo – perché gli eremiti si radunano solo per pregare – devo meditare ancora la Parola di Dio. C’è una sintonia, c’è un’armonizzazione mirabile: se ne faccio tesoro, mi trovo ad avere il cuore e la testa piena di Dio dalla mattina alla sera, dalla sera alla mattina.

Immagini tratte da Uomini di Dio (Des hommes et des dieux) 2010, film diretto da Xavier Beauvois

Ma c’è un altro elemento ancora: che in questa preghiera parla Dio soprattutto, ed è questa la sua preziosità, perché le parole dell’uomo poco valgono, la Parola di Dio è Spirito e Vita ed è Vita eterna. Non solo questo: ma, quando parla l’uomo, nella preghiera liturgica, come parla? La Chiesa ci mette sulle labbra i Salmi: è la preghiera dell’uomo. Ci avete mai pensato che Dio è così soccorrevole nei nostri confronti da suggerirci anche le parole del nostro pregare?
I Salmi. Li c’è tutto l’uomo. L’uomo davanti a Dio, l’uomo in comunione con Dio, l’uomo felice di essere Dio, l’uomo rabbuiato perché Dio lo ha abbandonato, l’uomo che contesta al Signore perché lo dimentica, l’uomo che protesta, l’uomo che implora, l’uomo che dice: «non ne posso più», l’uomo che si sente in agonia, l’uomo che esula fino all’estasi: c’è tutto.
Ma questa assunzione del tempo come misura del nostro pregare, questa immissione nel tempo della memoria dei santi misteri, della Voce di Dio che parla, dell’uomo che si confida con il suo Signore non ha soltanto il ritmo dei grandi misteri e dei grandi tempi, ma ha dei riferimenti profondamente liturgici che hanno un significato estremamente prezioso per la nostra vita. Uno di questi riferimenti liturgici è il giorno del Signore. Il giorno nel quale il Signore si riposa e noi gli facciamo compagnia.
Il vivere liturgicamente la domenica è il nutrimento per la contemplazione, il più valido che si possa pensare. Perché è il giorno nel quale noi pensiamo al Signore che, dopo aver guardato tutte le cose che ha fatto, s’è fermato un po’, s’è riposato e, alla fine della giornata, ha detto: «Son tutte belle!». Dio contemplativo dell’opera sua. La domenica di Dio, contemplativo anche Lui delle sue opere. Lui ha trovato tempo di farlo ed io dico che non ho tempo: ma è possibile? E poi mi dicono che devo stimare le creature, che devo stimare la creazione. Ma se la stimo, la contemplo! Ma se la stimo, la ammiro! E l’ammiro per l’Autore che l’ha fatta, per la genialità con cui l’ha fatta, per le meraviglie che vi ha profuso. E questo mi riposa l’anima, questo tranquillizza il cuore, questo mi nutre la vita. E il giorno del Signore, questo giorno liturgico benedetto, lo dobbiamo vivere.
E un altro dettaglio. Nell’anno liturgico noi abbiamo le grandi celebrazioni, i misteri: il Natale, la Pasqua, la settimana santa, le feste della Madonna, le feste dei santi. Tutto questo popolarsi di gloria e di santità che trabocca dall’anno liturgico nella nostra vita che senso ha? Come lo viviamo? I santi, in cielo, sono attorno a Dio benedetto e celebrano la Liturgia del cielo; ma la Liturgia qui in terra li convoca. Se guardiamo il calendario, quanti santi!
Questo convocare i santi nella nostra Liturgia: ma non è una festa dello spirito? Non è un andarcene per un momento in cielo a condividere una gloria? Non è un rincuorare la nostra speranza e la nostra fede, perché «si illi et isti, et cur non ego?». Se loro ci sono arrivati, là, perché non ci arriverò anch’io? La Liturgia che ci salda con il Paradiso, la Liturgia che tutti i giorni ce ne offre uno spiraglio, ma quanta contemplazione! Ma quanta ammirazione, quanto entusiasmo interiore, quanta festa dell’anima!
Ecco, tutto questo io lo trovo espresso in questa norma della Regola che ci fa assumere la Liturgia della Chiesa come preghiera propria, come preghiera specifica della nostra vocazione.
Ma al vertice della Liturgia c’è un’altra realtà. La Chiesa prega con questa Liturgia delle Ore, ma prega anche con un’altra Liturgia connessa ch’è la Liturgia sacramentale. La celebrazione dei Sacramenti è tutta una celebrazione liturgica. Se noi prendiamo i riti anche rinnovati di tutti i Sacramenti – dell’Ordine del Battesimo, della Cresima, del Matrimonio, della Riconciliazione, dell’Olio degli infermi – noi vediamo che la Chiesa ne ha sottolineato l’aspetto celebrativo. Sono celebrazioni di preghiera. Sono momenti, cioè, di fede vissuta, di contemplazione sviluppata, di lode, di benedizione, di gratitudine per il Signore. Tutti i Sacramenti vengono celebrati così? Tutti quanti, secondo le norme liturgiche, dovrebbero essere così arricchiti, nel loro momento celebrativo, di un momento di Parola di Dio che fonda il mistero che si celebra e poi del gesto sacramentale vero e proprio che conferisce la Grazia e purifica dal peccato e dà le Grazie particolari legate ad ogni singolo Sacramento.
Ma tutto questo in forma celebrativa. La Chiesa, qui non è soltanto la Chiesa che invoca, ma è la Chiesa che fa. Supplica il Signore, ma fa. Ed è in questa celebrazione che la Chiesa assume la personalità di Cristo e dice: «Io ti perdono»; «Questo è il mio Corpo»; «Io ti battezzo».
Questo fare, questo momento esecutivo del Sacramento, è il momento nel quale la preghiera della Chiesa ha raggiunto il vertice. Raggiunge veramente la sua pienezza. Non più la Chiesa che parla, che sice, che esorta, che supplica, ma la Chiesa che imperativamente, per mandato di Cristo e del Padre, opera le meraviglie della santificazione.

Immagini tratte da Uomini di Dio (Des hommes et des dieux) 2010, film diretto da Xavier Beauvois

Anche qui noi dobbiamo riflettere: nella nostra vita i Sacramenti hanno una funzione molteplice soprattutto per quello ch’è l’incremento della Grazia e il progresso della santità in Cristo Signore. Però hanno anche una funzione orante che va vissuta con grande fedeltà e con grande intensità soprattutto recependone la dimensione contemplativa. Io penso che, da questo punto di vista, dobbiamo anche noi arricchire la nostra esperienza di Chiesa e la nostra consapevolezza di oranti. Saremmo fuori del tempo della Chiesa di Dio, se non valorizzassimo questo aspetto un po’ nuovo che il Concilio ha messo in evidenza e al quale ha attribuito un’importanza somma. Si tratta di oggettivare in una maniera più radicale il nostro pregare. Le nostre parole sono parole. Per infuocate che siano, parole restano. I gesti della Chiesa sono «fatti», sono eventi che si compiono, che si rivelano, che si ridonano. E questa esecutività oggettiva della preghiera sacramentale mi pare che debba farci tanto riflettere e ci debba rendere tanto attenti e tanto fedeli. Perché forse una delle crisi più grosse che la Chiesa e il popolo di Dio attraversano è quella di aver ridotto i Sacramenti a gesti puramente esteriori, puramente burocratici, dissociati dal mistero della Salvezza, mentre, in realtà, sono gli unici eventi che rendono la Salvezza vera, realizzata in creature concrete e in creature vive.
E, in questa prospettiva, la nostra Regola fa un passo avanti ancora. Si direbbe che è fedele in anticipo al Concilio Ecumenico Vaticano II, perché mette la celebrazione dell’Eucarestia al vertice di tutta l’esperienza della Comunità. Che cosa dice la Regola? In mezzo alle celle si costruisca l’oratorio, dove ogni giorno i religiosi debbono convenire per la celebrazione solenne dell’Eucarestia.
Vorrei che teneste un po’ presente questa concatenazione. La nostra vita di preghiera «die ac nocte in Lege Domini meditantes», la fedeltà alla Liturgia delle Ore, la fedeltà alla celebrazione quotidiana dell’Eucarestia. È tutto il nucleo della nostra vita di oranti e della nostra identità di adoratori del Signore benedetto nello splendore della Trinità, nella misericordia dell’Incarnazione e nella potenza della vita eterna.