Egli parlava del tempio del suo corpo

Dal Vangelo secondo Giovanni (2,13-25)

Dom. 11 marzo – III dom. Quaresima

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».

Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.

Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

Pagina cara agli spiriti riformisti, inquieti, agli spirituali… eretici di tutti i tempi, alle anime ecclesiali.

Ma il tempio, la Chiesa santa, ha bisogno di riforma? Si, sempre! Già il monachesimo delle origini, prende forma di “contestazione” contro ogni accomodamento, nella ricerca di purezza evangelica, di assolutezza: di Dio. E monastico è, secoli dopo, il movimento riformatore di Cluny, a cui seguono le pagine epiche della riforma gregoriana, poi quelle drammatiche della Riforma (protestante) -con cui si è finito per identificare l’intero movimento, che non è monopolio né della Riforma né della Controriforma- riforma comunque, fino alla tappa del Vaticano II. È stupefacente nella storia della Chiesa, il persistere di questa capacità di reazione, riforma, rinnovamneto. Ma non si tratta, badiamo, di questione semplicemente morale: quel germe di vita  che costituisce ogni battezzato in Chiesa,  e quest’ultima, nel suo insieme, irriducibile alle logiche mondane, è lo Spirito del Risorto, è la presenza stessa del Risorto, capo del suo corpo ecclesiale.

E allora la Quaresima è lasciare che lo Spirito, dono battesimale,  faccia risuonare dentro di noi la parola del Vangelo, faccia sentire quella voce forte, anche violenta, di denuncia del male, delle sue logiche; del peccato: ciò che la Chiesa deve temere di più nei suoi membri, come ricordava Benedetto XVI in piazza di Spagna, nella solennità dell’Immacolata 2011.

 

 

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