ORE 8,15 – 8,30: RINGRAZIAMENTO E ORA TERZA
Dopo la Santa Messa, sostiamo un rendimento di grazie con il Signore, ricevuto nella Santissima Eucarestia. Ci siamo riempite di Lui, ci sentiamo inabitate da Lui, ci sentiamo corroborate da Lui, ci sentiamo unite a Lui, rinnoviamo la nostra fedeltà a questa nuova unione giornaliera, facciamo ancora una volta alleanza con Lui.
La Beata Maria Candida dell'Eucarestia scriveva: «Quale frutto può arrecare all'anima quella Santa Comunione fatta senza debito ringraziamento? È al calore di un debito rendimento di grazie che sbocciano nell'anima affetti, sentimenti, disposizioni simili ai tuoi, o Gesù: è allora che l'unione veramente si alimenta e si stabilisce. Concedimi, o Gesù, anime che si comunichino per amore e con amore, che facciano il più possibile per dare tempo, il più che possono, al rendimento di grazie, ed io ti darò, o Diletto, in breve, anime di te appassionate, ferme nel dono di sé e sinceramente date al lavoro della propria santificazione». (da Colloqui Eucaristici, Beata Maria Candida dell’Eucarestia).
Con la liturgia delle Ore prolunghiamo nella giornata le preghiere di lode, di intercessione, di supplica, di adorazione che con Cristo, mossi dallo Spirito, abbiamo innalzato al Padre durante il sacrificio eucaristico. «Le Ore Medie, sono pregate in diversi momenti nel corso della giornata, anche nel mezzo del lavoro, per imitare la Chiesa apostolica» (da Principi e norme per la Liturgia delle Ore). «La Chiesa, nella liturgia delle ore, assume il tempo, lo scandisce nei suoi ritmi. Questo tempo che fluisce, che passa, che non si ferma mai, nel ritmo della preghiera liturgica è una grande realtà al Carmelo perché impegna tutta la nostra vita, è come l'inserimento dell'ineffabile mistero contemplativo, il mistero redentivo di Gesù Cristo, nel ritmo del tempo, dei nostri giorni, nel ritmo delle nostre ore […]. È Lui che anima tutto; è Lui che prega il Padre è Lui che glorifica il Padre suo; è Lui che si sacrifica come ablazione immacolata; è Lui che è presente dappertutto; è Lui che illumina tutto il cammino; è Lui che salva tutti quelli che il Padre gli ha affidato; è Lui che illumina tutte le vocazioni; è Lui che nutre tutte le esperienze interiori; ed è Lui che trasforma tutte le vecchie creature in creature nuove, nella sua dignità di Figlio e di Figlio che adora, che contempla, che ama, che glorifica il Padre». (padre Anastasio Ballestrero)
ORE 9-11,30: LAVORO
«Dovete attendere a qualche lavoro, affinché il diavolo vi trovi sempre occupati) né a causa del vostro ozio riesca a trovare qualche via di ingresso nelle vostre anime.» (dalla nostra Regola).
«Ho trovato il mio cielo sulla terra in questa cara solitudine del Carmelo dove sono sola con Dio solo. Faccio tutto con Lui e a tutto vado con una gioia divina. O che spazzi) o che lavori) o che sia alt orazione) tutto trovo bello e delizioso perché è il mio Maestro che vedo dappertutto!» (Sant'Elisabetta della Trinità)
«Santa Teresa vuole che le monache lavorino, ma a spizzichi, perché ha loro insegnato che, interrompendo il lavoro ringrazino il Signore e, ricominciandolo, lo ringrazino un’altra volta. Quindi, più si comincia e più si interrompe, più si loda e benedice il Signore». (padre Anastasio Ballestrero)
Al Carmelo non c'è tempo, per perdere tempo! I nostri lavori: di sacrestia, di cucina, di accoglienza a chi viene, di bucato, di cucito, in giardino, di infermeria; di lavoretti artigianali e di devozione, pittura, ricamo, lavori di biblioteca, la pulizia e la cura del monastero […] Tanti piccoli, semplici e umili lavori che tengono impegnato il nostro corpo e, intanto, ci aiutano a rimanere raccolti! Per quanto possibile, ciascuna di noi ha un proprio lavoro, un proprio “ufficio”, una propria “officina” (luogo in cui poter lavorare); si preferisce non lavori in comune tra le sorelle, per rispettare, proprio, un clima di silenzio!
«L’importante è lavorare, l’importante è non rimanere nell’ozio, l’importante è collaborare al bene di tutti. Poi, che lo si faccia scopando, sempre lo stesso luogo, o lavando sempre gli stessi piatti o rammendando sempre gli stessi stracci, ha poca importanza. L’intenzione della Regola sembra quasi privilegiare questo anonimato del lavoro conventuale, questa intercambiabilità, perché l’uomo sa fare di tutto e può fare di tutto purché ne abbia voglia. Non ci dobbiamo identificare con una professione, con una occupazione, con un lavoro, attaccandoci un po, il cuore, un po’ la sensibilità) un po’ l‘amor proprio, un po’ la competenza, un po’ le preferenze a volte ci si attacca a ciò che piace ed è per questo che nella tradizione teresiana facilmente si cambia ufficio, lavoro!
Ciascuna sorella, col proprio umile lavoro e una cooperazione fattiva, rende “alveare operoso” la vita». (padre Anastasio Ballestrero)
«Il monastero è come un alveare dove si cura, sì il miele della contemplazione, ma dove anche si pensa, nella fraternità della sollecitudine, a provvedere alle necessità della vita» (da Ignea sagitta di Niccolò Gallico).
(Continua)
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