«La risposta di Dio» Fatima programma di vita spirituale

«Non pone forse Gesù il bambino come modello anche per gli adulti? Nel bambino c’è qualcosa che mai può mancare in chi vuol entrare nel Regno dei cieli»
(Giovanni Paolo II, Lettera ai bambini, 22)

Viaggio pastorale di papa Francesco a Fatima, 13 maggio 2017

In un’epoca influenzata dalla cultura empirica e razionalista, che considera i bambini semplicemente scolari e che devono ascoltare ed apprendere dai loro istruttori, queste parole di san Giovanni Paolo II sono un riflesso della prospettiva del vangelo. Gesù estrae il bambino dall’emarginazione e lo pone quale modello da imitare per entrare nel regno di Dio (cf. Mc 10,13-16). In altre parole, per Gesù il bambino è il maestro dell’adulto perché gli insegna la seconda ingenuità, ossia una matura disponibilità alla sapienza divina che supera e sconvolge le vie umane. Pertanto, non tutta la verità è garantita dall’esperienza acquisita con gli anni. Talora sono i più piccoli a mettere in evidenza valori ed intuizioni, che mettono in crisi gli adulti, se leali ed impegnati. Ciò potrebbe avvenire anche oggi, quando la Chiesa è comunità educante sempre. Dichiarando santi i fanciulli Francesco e Giacinta, la Chiesa sprovincializza per così dire la loro santità e l’addita al mondo intero. E le motivazioni non mancano: cosa possono dire tre bambini di un ambiente agricolo di inizio diciannovesimo secolo ai cristiani del terzo millennio, che vivono nell’epoca della cosiddetta post-verità, una realtà nella quale fatti e verità dei fatti vengono a trovarsi spesso su piani semantici differenti? Ciò nonostante, il magistero dei piccoli è sempre presente, incancellabile ed eloquente per chi vuole ponderare «la risposta di Dio». È come Maria ci dicesse che, per vivere il messaggio della preghiera e della conversione, della penitenza e della solidarietà con tutta la Chiesa, è necessario avere un animo da bambino, un cuore semplice e disarmato di ogni preconcetto. Quest’apertura di cuore è la chiave ermeneutica per penetrare nel mistero di Fatima. E questo è tanto più vero quando sappiamo che tale fenomeno ha visto il protagonismo, contro la sapienza e il potere del mondo, di piccoli e con piccoli mezzi.
In un contesto storico-sociale tenebroso e tragico, si fa udire un messaggio che si presenta come testimonianza mistico-profetica. Questa testimonianza si concretizza nella breve biografia dei tre bambini di Fatima, che hanno fatto un’esperienza di Dio che possiamo chiamarla «mistica» per l’intensità dell’amore vissuto e dell’impegno assunto. Tale intimità con Dio si trasforma in un’interpretazione «profetica» della storia: come denuncia del potere che oscura la gloria di Dio e la dignità dell’uomo, come richiamo di fronte all’inferno che irrompe quando vengono meno il bene e l’amore, come proclamazione della sofferenza di Dio di fronte all’indifferenza dell’umanità. La mistica e la profezia insieme rivelano l’amore misericordioso di Dio, che attraverso il Cuore immacolato di Maria, trionferà sul male.

Viaggio pastorale di papa Francesco a Fatima, 13 maggio 2017

S. De Fiores presenta queste esperienze di Lucia, Francesco e Giacinta quale «carisma per il nostro tempo»; esse sono «un segno di Dio per la nostra generazione, una parola profetica per il nostro tempo, un intervento divino nella storia umana, ma realizzato mediante il volto materno di Maria». È per noi un programma di intensa spiritualità che si dispiega, al di là delle vicende del secolo passato e al di là di un letteralismo che si ferma alle pratiche senza penetrarne il significato globale e profondo. Fatima non è una sostituzione alla spiritualità derivante dal vangelo e dall’essere cristiano, ma un’accentuazione di alcuni elementi particolari adatti anche ai nostri tempi.
Mistica dell’amicizia: incontro con Dio-Amore per le mani di Maria

L’asse centrale attorno alla quale gira la mistica cristiana, particolarmente quella carmelitana, è la contemplazione, ossia quella ricerca di Dio e la presa di coscienza della sua reale presenza, rivelata in Cristo, e in Lui partecipata mediante la comunione con il mistero trinitario. A fronte di questa forma ordinaria di contemplazione, si afferma un’altra, caratterizzata dalla passività dell’anima, o dall’immediatezza dell’azione di Dio. L’esponente migliore della contemplazione infusa è S. Giovanni della Croce, che la descrive quale «sublime notizia di Dio», che «purifica [l’anima] dalle sue imperfezioni» e segretamente la «istruisce in perfezione d’amore».
A ben riflettere, ciò è successo nelle apparizioni a Fatima che immediatamente rimandano al mistero di Dio, che si fa presente ai tre pastorelli già nell’itinerario pedagogico dell’Angelo della pace. Le istruzioni dell’Angelo sono come dei «tocchi divini» che raggiungono i bambini in Cristo, tra stupore e sorpresa, gioia immensa e reverenziale trepidazione. Stando alla testimonianza di Lucia, l’Angelo affinerà la loro capacità alla contemplazione e all’orazione, insegnandoli tra l’altro una professione di fede dossologica nell’unico Dio: «Mio Dio, io credo, adoro, spero e vi amo! Io vi domando perdono per quelli che non credono, non adorano, non sperano e non vi amano». Ed è appunto questo dinamismo di fede, di speranza e di carità che, per una sorta di forza intrinseca di questa preghiera, distacca e purifica, unisce e rende partecipi, costruisce e alimenta la personalità di questi bambini, aperti alla comunione di vita con le divine Persone. I tre veggenti ripeteranno questa e altre preghiere simili successivamente nelle diverse mariofanie; essi si sentivano così vicini alla bianca Signora da trovarsi «dentro alla luce che la circondava o che lei diffondeva». Questa luce s’identifica con Dio, perché al pronunciare delle parole «La grazia di Dio sarà il vostro conforto», la Madre del Signore «aprì per la prima volta le mani, comunicandoci una luce così intensa, come un riflesso che da esse usciva, che ci penetrava nel petto e nel più intimo dell’anima, facendoci vedere noi stessi in Dio, che era quella stessa luce.
A suscitare tale evento è pertanto Dio, che rivela se stesso nel suo mistero trinitario, suscitando una risposta generosa di adorazione, di dono di sé e di riparazione da parte dei pastorelli.
L’esperienza di Dio che ebbero i tre pastorelli, fu una conoscenza ineffabile, contatto vivo con il sublime mistero dell’Altissimo, al di là di quanto possa esprimere l’intelletto umano. Fu una partecipazione della vita divina, trasformazione d’amore «così intensa e intima» – dichiara Lucia – «che non avevamo il coraggio di parlare neppure fra di noi». La presenza di Dio «ci assorbiva e annichilava quasi completamente. Sembrava privarci perfino l’uso dei sensi del corpo durante un lungo tempo […]. La pace e felicità che sentivamo era grande, ma soltanto intima, con l’anima completamente concentrata in Dio».
Giustamente, le Relazioni della Commissione diocesana costatarono in queste e altre espressioni dei veggenti degli «stati di estasi», un’esperienza mistica dal tono molto personale ed amichevole. Lucia, infatti, confida che le parole dell’Angelo erano come «una luce che ci faceva capire chi era Dio: come ci amava e voleva essere amato»; come per dire che ciò che vivevano non era una fusione o dissoluzione nell’Uno e nel Tutto: era, piuttosto, una mistica dell’amicizia, ossia il disegno dell’amore di Dio, che personalmente si comunica come Amore amante. Tale è il leit-motiv predominante dell’evento Fatima e ad un tempo il costitutivo formale della spiritualità carmelitana: una relazione mistica d’amore con Dio Padre per il Cristo nello Spirito, per le mani di Maria.
Infatti, la prospettiva che permette di cogliere la totalità dell’evento Fatima, segreto incluso, è il Cuore immacolato di Maria, considerato nel mistero della sua unione con quello dell’unico Mediatore, sia nel suo manifestarsi al mondo quale espressione della tenerezza di Dio, sia nella risposta dei credenti mediante una vita di consacrazione/affidamento alla Vergine, quale Madre dei discepoli di Gesù. Consacrarsi al Cuore immacolato «è accettare di consacrarsi a Dio per le mani verginali di Maria, contemplata sotto il prisma della maternità, dell’amore, della misericordia. È impegnarci nella fede su questo cammino di grazia che conduce al cuore della Trinità». Tale servizio a Maria è derivazione del servizio di Cristo, cui è necessariamente finalizzato. Consacrarsi è affidamento: affidandosi a Maria s’immerge nello stesso affidamento di Maria a Dio. Questa interpretazione è comunemente conosciuta quale dimensione mistica della consacrazione. Qui l’affidamento è incluso nella consacrazione, intesa quale componente di amore fiducioso, disposizione a lasciarsi condurre da Maria nella vita. Dunque, si consegna a lei affinché la propria risposta a Dio acquisti qualcosa della robustezza e della solidità della risposta di Maria. Già è chiaro, che non ci si affida alla Vergine per concludere in lei, bensì per approdare, come deve avvenire, nella comunione con Dio.
Pertanto, il mistero di Fatima tocca il cuore del cristianesimo: una profonda esperienza del mistero della Trinità, la centralità cristologica della sua spiritualità e la presenza di Maria, ambedue simboleggiate nel «cuore». Infatti, secondo Francesco, la luce in cui apparve l’inferno fu come un’immersione nel mistero della Santissima Trinità, alla quale si rivolge questa preghiera insegnata dall’Angelo:

Santissima Trinità, Padre, Figlio, Spirito Santo, vi adoro profondamente e vi offro il preziosissimo corpo, sangue, anima e divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi e indifferenze con cui egli stesso è offeso. E, per i meriti del suo santissimo Cuore e del Cuore immacolato di Maria, vi domando la conversione dei poveri peccatori.

Simile atteggiamento contemplativo della mente e del cuore porta ad ammirare l’esperienza di fede e di amore della Vergine, che già vive in sé quanto ogni fedele desidera e spera di realizzare nel mistero di Cristo e della Chiesa. Per questo l’Ordine del Carmelo ha scelto Maria quale Madre spirituale e ha sempre dinanzi agli occhi il cuore di Lei, che guida tutti alla perfetta conoscenza ed imitazione di Cristo. È così che nel cuore si realizza una crescente comunione e familiarità con Maria, quale nuova maniera di vivere per Dio.
* Appunti tratti dalla Conferenza di padre Adrian Attard tenuta a Montecarmelo SR il 2 giugno 2017.