Ballestrero: mistico capace di tenerezza
Sa di essere il primo e probabilmente il più intimo custode della memoria del cardinale Anastasio Alberto Ballestrero con cui ha condiviso momenti di gioia ma anche di desolazione, contrassegnati sempre dal «primato della contemplazione» nel lungo ministero di vescovo prima a Bari (1973-1977) e poi a Torino (1977-1989) e come presidente della Cei (1979-1985). Il padre carmelitano Giuseppe Caviglia, classe 1934, è stato a fianco del cardinale, nella veste di segretario, dal 1973 fino alla sua morte il 21 giugno 1998 e sente di esprimere tutta la sua gratitudine per l’avvio dell’iter della causa di beatificazione da parte dei vescovi piemontesi per il suo confratello di cui è stato, dice, «un’ombra che non fa ombra»: «Dobbiamo, tutti noi, davvero un grande grazie all’arcivescovo Cesare Nosiglia e all’episcopato piemontese per aver accolto la nostra domanda». Come in un album fitto di ricordi e di aneddoti padre Caviglia dal convento di Santa Teresa a Torino rievoca i tanti momenti di gioia e di impegno condivisi con Ballestrero, ai difficili anni del terrorismo («non volle mai la scorta»), alla tragica uccisione del giornalista Carlo Casalegno, a come il cardinale rimase colpito da tragico incendio del cinema Statuto con i suoi 64 morti nel 1983, le visite ai carcerati, la sua attenzione agli ultimi o le contestazioni che dovette subire per aver permesso l’esame al carbonio 14 della Sindone. «Poteva apparire duro, disattento – osserva padre Caviglia – era invece capace di consigli e gesti di tenerezza in momenti inaspettati. Sapeva sempre parlare tenendo a mente l’uditorio che aveva di fronte: lui che era un grande oratore, senza aver mai uno straccio di appunti!». Padre Caviglia intravede nel carisma carmelitano di Ballestrero «mistico ma anche un uomo con i piedi ben piantati in terra» nel suo «esortare tutti alla semplicità» molti punti di incontro con papa Francesco: «Il cardinale non ha mai inteso impoverire le cose ma riportarle all’essenzialità, e quando rifletto su Bergoglio, posso onestamente confermare che padre Ballestrero sia stato profetico, in quanto anche lui vedeva la necessità di riformare la Chiesa, non di snaturarla, ma di ricondurla al suo splendore, al mandato di Gesù Cristo». Il «suo non rinunciare mai agli esercizi spirituali», «l’essere stato sempre vicino ai preti in crisi con la loro vocazione e di aver ricondotto molti di essi al sacerdozio» o i «suoi gesti di elemosina» sono alcune istantanee che tornano più in mente: «Era molto amato dai vescovi per la sua capacità di ascolto e pronto a stare in silenzio su temi già affrontati da altri. Mi diedero una grande gioia le parole di un vescovo dopo un incontro con il cardinale: “Finalmente si può parlare di Dio”». La mente di Caviglia corre alle ultime ore trascorse con Ballestrero, prima della sua morte al monastero carmelitano Santa Croce di Bocca di Magra: «Mi colpì che dopo la mia benedizione aprì gli occhi e mi disse: “Ti sarò sempre vicino e accanto a te ci sarò sempre”. È un’esperienza che vivo quotidianamente e che mi sostiene in ogni mia fatica. Padre Anastasio ha glorificato Dio con la propria esistenza. In lui era sempre evidente che Dio non rischiava di essere messo in secondo piano».
Filippo Rizzi
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