Augé: globalizziamo il «noi»

[zilla_alert style=”white”] Anticipiamo alcuni stralci della riflessione di Marc Augé L’uno e l’altro, gli uni e gli altri, pubblicata per la curatela di Francesca Nodari da Massetti Rodella Editori, nella collana “Filosofi lungo l’Oglio” (pagine 36, euro 5,00) che raccoglie gli interventi alla rassegna organizzata in numerosi comuni compresi tra le province di Brescia e Cremona, nei mesi di giugno e luglio

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Quando si tratta del nostro rapporto con gli altri, un’incertezza e un’ambiguità s’insinuano, sin dall’inizio, nelle parole utilizzate. Chi è questo “noi” al quale rinvia l’impiego dell’aggettivo “nostro”? Chi sono questi altri? […] Tutta la difficoltà dipende dal fatto che noi impieghiamo gli stessi concetti per render conto dell’individuo e delle collettività. Così facendo, noi stravolgiamo la nozione di relazione e ignoriamo tutto il lavoro simbolico, vale a dire la messa in ordine del tempo e dello spazio, da cui essa deriva. Infatti, noi sappiamo bene che l’alterità è all’origine dell’identità di ogni individuo, che si costruisce sin dall’inizio attraverso la relazione con gli altri, non soltanto con i suoi genitori, ma con tutti coloro che, nei contesti più disparati, lo istruiscono e lo educano direttamente o indirettamente. […] Nessuna cultura può essere considerata come un’entità globale e unica; tutte sono composte da individui, uomini e donne, giovani e vecchi che non hanno né gli stessi interessi, né le medesime storie, né lo stesso ruolo nella vita della comunità. Il rispetto delle differenze non deve arrestarsi ai confini delle società e delle culture; deve superarli, attraversarli e riguardare ciascuno degli individui che le compongono.

L’essere umano è tridimensionale. Egli ha, in primo luogo, una dimensione individuale evidente, si definisce come un soggetto cosciente e perfino doppiamente cosciente, poiché egli ha una coscienza immediata di sé inseparabile da quella che egli coglie degli altri. Egli ha una dimensione culturale che si radica nella logica simbolica che ho appena evocato, logica simbolica sulla quale si è innestato nel corso della storia, un apparato istituzionale più o meno sviluppato. È in rapporto a questo sistema simbolico-istituzionale che un essere umano si definisce come appartenente a un’etnia, a una collettività politica, a una nazione… Infine, egli ha una dimensione generica (la specie umana) che trascende le altre due, o più esattamente che fonda il carattere assoluto della prima, e il carattere relativo della seconda. È perché ciascun individuo scopre in sé la dimensione generica che si può definire come sovrano e uguale nel diritto a chiunque altro. È qui il caso di ricordare l’espressione di Sartre: «Ciascun uomo, tutto l’uomo». La dimensione culturale stabilisce diversi sistemi di differenze, che hanno però in comune il fatto di mettere ciascuno al suo posto con una costrizione diseguale. Si può pensare che il compito fondamentale della democrazia consista nel ridurre lo scarto tra la dimensione culturale e la dimensione generica, vale a dire, per parlare chiaro, nel generalizzare l’applicazione effettiva dei “diritti dell’uomo”. L’uomo dei diritti dell’uomo è l’uomo in senso generico, senza distinzione d’origine o di sesso, rientrando la definizione non egualitaria dei ruoli rispettivi dell’uomo e della donna nella dimensione culturale.

Ho qui distinto l’uno e l’altro, gli uni e gli altri. La relazione dell’uno all’altro rinvia alla necessità per ogni identità individuale di rapportarsi all’esistenza altrui per costruirsi. La relazione tra gli uni e gli altri mette in scena dei gruppi già costituiti e istituiti e rinvia ad altri due grandi dati antropo-sociologici: la costituzione del legame sociale, da una parte, le dinamiche diverse e eventualmente contraddittorie del “contatto culturale”, dall’altra. Con il termine neutro e quasi anodino di contatto culturale, si fa riferimento a situazioni che possono andare dall’antagonismo all’ignoranza reciproca, da svariate forme di sincretismo alla dominazione culturale. Noi siamo passati in meno di un secolo dalla colonizzazione alla globalizzazione. Il passaggio alla scala planetaria nell’ambito del mercato economico e delle reti di comunicazione ha apparentemente capovolto le relazioni tra gli uni e gli altri e la stessa definizione di queste due categorie. Si dovrebbe ricordare in proposito il paradosso della planetarizzazione. L’ultima “grande narrazione” per riprendere il termine del filosofo Lyotard, è la grande narrazione liberale che immagina un accordo unanime a livello planetario in merito alla formula ideale del governo degli uomini: mercato liberale e democrazia rappresentativa. Così il “noi” si estenderebbe all’intero pianeta, e gli altri sarebbero sempre relativamente altri. Le tecnologie della comunicazione accelererebbero e intensificherebbero il movimento creando contemporaneamente delle reti sociali e delle autostrade informatiche.

Ma sappiamo bene che questa utopia non è che una metafora che doppia e dissimula una realtà meno semplice e meno unanimista. Sul piano economico, lo scarto tra i più ricchi dei ricchi e i più poveri dei poveri non cessa di aumentare tanto nei paesi sviluppati che in quelli emergenti e sottosviluppati. Constatiamo che le imprese tradiscono questa realtà: esse falliscono nel darsi la parvenza di un dream team, nel presentarsi come uno dei luoghi d’identità collettiva, di serenità e di solidarietà assolute a partire dal momento in cui gli interessi dei proprietari azionisti e dei dipendenti divergono: se si licenzia, le azioni crescono. […]

Ciò che è in gioco in questa fase storica, non è tanto il rapporto dialettico dell’uno all’altro o il faccia a faccia problematico degli uni e degli altri, quanto la situazione paranoide dell’escluso: l’uno da un lato, gli altri dall’altro. La scienza ci istruisce ogni giorno di più sull’universo. Dinanzi all’infinitamente grande (miliardi di sistemi solari nella nostra galassia; miliardi di galassie nell’universo) noi potremmo sentirci metafisicamente solidali. Questa sensazione ci sfiora talvolta ma, tutto sommato, noi siamo ancora dominati dai rapporti di rivalità e di scontro, dalla contrapposizione delle politiche, delle religioni, dalle sperequazioni economiche, e infine dall’ineguale accesso alla conoscenza. Eppure, forse è lo scatto della ricerca scientifica che, il giorno in cui prenderemo coscienza della presenza lontana ma improvvisamente percepibile di altri mondi viventi, ci avvicinerà gli uni agli altri trasponendo la categoria dell’alterità.

Marc Augé

[zilla_button url=”http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/auge-globalizziamo-il-noi.aspx” style=”white” size=”small” type=”round” target=”_blank”] Fonte: Avvenire [/zilla_button]

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