Madre Maria Donata del Divino Amore

BREVI CENNI BIOGRAFICI


In un paesino montano dell’entroterra siculo, tra il profumo del “Sambuco” e dei “Cavateddi”, il 3 Marzo1946, quarta di cinque figli, nasceva la nostra Luigia Compagnone ( Madre Donata).
Troina (EN), oggi famosa per “La cittadella dell’Oasi di Maria S.S.”, un centro specializzato per disabili, voluta dall’intraprendente Padre Farlauto, negli anni del dopo guerra, era molto povera e la maggior parte della gente che l’abitava viveva solo di agricoltura o pastorizia, e spesso era anche analfabeta.
In quelle umili condizioni riversavano anche i genitori di Luigina: due modesti e semplici troinesi, che vivevano dignitosamente con il poco che il buono e mite papà Santo guadagnava lavorando alla giornata come bracciante, sostenuto dall’infaticabile attività casalinga di Silvestra, che con la sua indole vigorosa riusciva a provvedere ad ogni esigenza della famiglia.
Seppur fossero molto diversi caratterialmente, Santo e Silvestra avevano lo stesso ardore di una fede popolare robusta e genuina.
Pur vivendo nella ristrettezza economica, non dubitavano mai dell’assistenza divina, erano totalmente abbandonati alla Volontà di Dio, certi che Egli non Li avrebbe privati del necessario.
Nel nido del focolare domestico si respirava sempre aria di allegrezza e giocosità. Luigina, in particolare viveva un rapporto di complicità con il fratello Nino, data anche la vicinanza di età. Come testimonia l’esperienza, dove non abbonda il materiale, abbondano le virtù e le grazie, infatti, da quella santa famiglia il Signore chiamò alla vita consacrata oltre a Luigina (Madre Donata) anche Matilde, l’ultima figlia, oggi Sr Lucia; nonché la Priora tra le cui braccia Madre Donata ha esalato il suo ultimo respiro.
La fede di Luigina cresceva sulle ginocchia di papà Santo, mentre sgranava rosari e mentre raccontava ai figli, con grande ammirazione, le storie di Abramo e dei grandi patriarchi.
Il buon uomo non sapeva leggere, eppure custodiva gelosamente una Bibbia, che apriva spesso e che baciava con rispetto e profonda adorazione.
La bambina osservava quei gesti carichi d’amore, che porterà sempre custoditi nel cuore come un prezioso bagaglio di vita.
Sin dalla nascita, la piccola Luigina era cagionevole di salute e a causa di una tosse convulsiva sembrava che se ne stesse andando ancora in fasce, motivo per cui veniva battezzata a pochi giorni dal parto il 6 marzo 1946.
Grazie alla forza del Sacramento la bambina pian piano si riprendeva, crescendo graziosamente. Le sofferenze più grandi dovevano ancora arrivare. A circa cinque anni Luigina veniva seriamente colpita dal tifo e la gravità della situazione era tale che mamma Silvestra, con tutta la sua forza, carica di fiducia nel potere divino, faceva voto a Gesù Risorto.
Colui che già guardava con occhi di predilezione la Sua piccola Sposa non poteva non accordare la grazia richiesta: così, poco tempo dopo, Luigina veniva perfettamente guarita dal tifo. Silvestra in ringraziamento, per adempiere il voto, nel giorno della Pasqua portava la bambina con se in processione dietro a Gesù Risorto lungo le strade non ancora asfaltate del paese: entrambe a piedi scalzi. Era da poco passata quella lunga convalescenza, quando, un giorno, mentre la bambina andava allegramente ad attingere l’acqua alla fontana, con il secchiellino che il papà le aveva appena portato in dono, veniva investita da una moto; costringendola nuovamente ad una lunga degenza.
Ammirevole la pazienza e l’abbandono con cui la piccola trascorreva quei giorni nel suo lettuccio. Non solo non appariva triste, ma confortava chi si avvicinava a lei.
La bellezza della sua vivacità e volitività non venivano meno, anzi migliorava perché, temprata e raffinata dalla sofferenza, diventava sempre più docile e delicata.
Luigina aveva delle doti intellettive molto sviluppate; amava andare a scuola e spesso aiutava i compagni in difficoltà. Sin da piccola il Signore le faceva gustare la gioia del dono di sé, fino a farne poi il suo ideale di vita.
Desiderava proseguire gli studi oltre la terza media, ma per la mentalità rurale e per l’impossibilità finanziaria della famiglia, non le fu possibile, motivo per cui versò molte lacrime. Riuscì solo a fare qualche corso per contabile.
Frequentava la Chiesa e il Catechismo, come tutte le bambine del paese, facendo la Prima Comunione e la Cresima, senza un particolare trasporto. Niente le faceva balenare in mente l’idea di una vocazione religiosa, che maturerà solo a circa 18 anni.
Amava la musica e la vita sociale. Nonostante questo, durante l’adolescenza aveva degli atteggiamenti inusuali per la sua età. Era come se si facesse violenza, privandosi di ciò che poteva allietarla. Per esempio, si rifiutava in modo duro e deciso ogni qual volta i familiari o i parenti volevano coinvolgerla a partecipare alle serate danzanti che venivano organizzate in paese. Al rifiuto dell’ennesimo invito, a casa scoppiava una vera guerra tra fratelli, che fece soffrire molto mamma Silvestra. Una zia paterna acquisita venuta a casa per una visita e informata della situazione, per mettere pace e spronare la fanciulla, rivolgendosi a Luigina le disse: “ Figghia picchì non ti fai monica?” A quelle parole Luigina si alzava di scatto rispondendole urtata: “ Ci faccia so figghia monica, io non mi ci fazzu!” Poco tempo passò che il Signore l’acciuffò!


LA VOCAZIONE


Si può dire che la vocazione di Luigina nasce come risposta ad un detto siciliano che dice:“Non diri mai: “ Io di stu pani non ni manciu” ”! Un giorno, mentre nel suo cuore meditava sul grande amore che Dio ebbe per l’Umanità, ricevette una grazia interiore così forte e profonda da cambiarla radicalmente.
Dopo quel confronto con l’Amore, che è Dio, e che si è manifestato nella persona di Gesù; ne rimase talmente rapita, che sentì subito la violenta attrattiva di ricambiare tanto e tale amore donandosi totalmente all’Amore. Si apriva cosi davanti a lei l’idea di una consacrazione religiosa, che pian piano maturava verso una scelta di tipo contemplativo.
Non faceva parola con nessuno di quel desiderio intimo, se non con il parroco. Impossibile però, non notare, per chi la conosceva, il cambiamento avvenuto.
Prima di quel giorno si alzava tardi, ma da quando Gesù l’aveva invitata a seguirla, la si vedeva alzarsi alle prime luci dell’alba e dopo la sua preghiera ai piedi del letto volava per andare a Messa. I suoi atteggiamenti non solo diventavano sempre più schivi e riservati, ma la delicatezza, il raccoglimento e la radiosità del suo volto diventavano sempre più evidenti.
Non si sa come e cosa l’abbia attratta al Carmelo Teresiano. Sappiamo solo che, sin dal primo momento della chiamata, si sentiva calamitata alla clausura carmelitana. Eppure non aveva letto nessun libro che illustrasse il carisma teresiano, nè in paese si sapeva dell’esistenza della vita claustrale, tantomeno di un ramo carmelitano.
Forse che la Madonna del Carmelo, per quello “Scapolare” che mamma Silvestra le aveva imposto da bambina, ne aveva rivendicato la Sua proprietà?
Un giorno il Parroco che la seguiva nel suo cammino di discernimento, venuto a conoscenza di un Monastero di Carmelitane Scalze a Siracusa, insieme ad alcune signorine dell’Azione Cattolica, che Luigina frequentava da anni, decideva di accompagnarla per un colloquio con la Priora.
L’esperienza risultò fallimentare, perché la Comunità aveva già raggiunto il limite massimo per cui non potevano accettarla. La Madre di Siracusa le aveva però prospettato la possibilità di presentarsi a Sant’Agata Li Battiati in cui si stava costruendo un nuovo Monastero. Luigina, all’insaputa dei familiari veniva così accompagnata dal Parroco a Sant’Agata Li Battiati, dove a riceverla fu la Madre Giovanna, che l’accolse dicendole: “ Figliola, finalmente è arrivata! Era da tempo che l’attendevo!”
Quelle parole dissolvevano in lei qualsiasi dubbio, Luigina capiva che quel posto sarebbe stata la sua nuova casa. I problemi iniziarono dopo aver comunicato la scelta ai familiari che, non capendo e non accettando una consacrazione così radicale, soffrirono tantissimo e cercarono di dissuaderla in tutti modi.

AL CARMELO


Nonostante gli ostacoli e le opposizioni, il 15 ottobre 1966, con un corteo a seguito, Luigina faceva il suo ingresso nel Monastero “Madonna di Fatima” di Sant’Agata Li Battiati.
Esemplare l’atteggiamento del buon papà Santo, nonostante il forte dolore per il distacco, prima di varcare la porta disse alla figlia: “ Trasi figghia mia, u Signuri mi ti benidici do Cielu, iu ti binidiciu da Terra”.
Il 26 Luglio del 1967, in cui la liturgia ricordava Sant’Anna e Gioacchino, faceva vestizione con il nome di Suor Maria Donata del Divino Amore, che lei stessa aveva chiesto. Nome che incarnò perfettamente. Grande fu per lei l’emozione, quando la prima a chiamarla con quel nome fu proprio la sua mamma.
Come tutte, anche per lei non mancarono le prove e le sofferenze durante il periodo di formazione, ma la fecero maturare a livello umano e spirituale.
Appena entrata in Monastero si distinse per la sua ineguagliabile generosità. Intrepida ed instancabile, per accelerare i tempi di costruzione, portava avanti il lavoro dei muratori, caricandosi di pesi e facendo su e giù per le scale tutto il giorno.
Il 15 Agosto 1968 , nel giorno dell’Assunta fece la professione semplice e il 22 Agosto 1971 quella solenne.
Lei diceva sempre: “ Gesù mi ha chiamata, ma Maria ha segnato con la sua firma gli eventi più importanti della mia vita”.
Si dice che Maria porta a Gesù. Per Madre Donata è stato al contrario: Gesù l’ha portata a Maria, con un amore e un senso filiale sempre più forte, fino a divenire non solo una Sua perfetta discepola, ma una Sua dolce immagine.
Il suo grande spirito di sacrificio, unito alle sue innate doti intellettive e pratiche, catturarono subito l’occhio perspicace di Madre Giovanna, che se l’affiancò, appena professa, istruendola anche per quanto riguarda l’aspetto economico-amministrativo del Monastero.
All’età di 29 anni veniva già eletta consigliera; al triennio successivo sotto-priora, per poi rivestire, negli anni successivi, per quasi tutta la vita religiosa, il ruolo di Madre Priora.
Si può dire che, dopo la Madre Giovanna, Madre Donata è stata la colonna portante del Monastero di Sant’Agata Li Battiati.
Poco più che trentenne veniva gravemente contagiata dalla TBC. La malattia la costringeva al riposo e all’isolamento dalle sorelle per diversi mesi. Periodo di grande sofferenza, non solo fisica, ma soprattutto morale. Il dolore per distacco dalla Comunità e per l’impossibilità di apportare il suo aiuto le dettero tanto da penare.
In quell’occasione la Madre Giovanna, con la sua filiale fiducia in Maria, prendeva una statua della Madonna e ponendola sulla scrivania della figlia ammalata esclamava: “ Non ti porterò via da qui se non me la guarisci!” La giovane professa piano incominciava a riprendersi e nonostante gli strascichi rimasti, ritornava a investire la sua vita di donazione senza risparmio.
Nel 1988 le veniva affidato anche l’incarico di Madre Maestra, per sostituire provvisoriamente Sr Agata di san Giuseppe, chiamata in aiuto per la fondazione di Giacalone-Pioppo. Incarico accettato a malincuore, non sentendosi all’altezza dell’ufficio affidatole.
Quel “Fiat” si rivelava provvidenziale, perché da quel momento la sua vita si intrecciava per volere divino con quella della neo-professa Sr Anna Maria, sorella morta in fama di santità nel 2008, a soli 43 anni.
La sua prudenza unita ad una forte fede, ad una straordinaria determinazione e ad un’amorevole maternità le fecero affrontare momenti molto delicati e sofferti, anche se impregnati da tanta grazia.
Madre Donata è ricordata da tutte le sorelle come una Madre prudente, premurosa e attenta ad ogni esigenza delle sue figlie, ma contemporaneamente autorevole e perfetta educatrice. Non le sfuggiva niente e riusciva a penetrare nel fondo dell’anima con un sol sguardo.
Ha saputo custodire il carisma della Santa Madre in tutte le sue più piccole sfaccettature, pretendendo da sé e dalle sue figlie l’attenta osservanza della Regola e delle Costituzioni, non solo esternamente, anche e soprattutto interiormente. Voleva le sue figlie delle carmelitane virili, sempre pronte e capaci di affrontare ogni tipo di battaglia.
Amava molto il contatto con la natura e aveva un delicato rispetto per gli animali. Armata di grembiule e scarponi, era la prima che partiva quando bisognava eseguire i lavori più umili e faticosi. Basti ricordare con quale sicurezza virile maneggiava la motozappa o potava gli alberi.
Non costringeva mai nessuno a seguirla, ma impossibile non farlo, perché l’esempio stimola sempre le coscienze.
Aveva un particolare pollice verde, amava prendersi cura dell’orto e del giardino e i frutti e i fiori abbondanti sembravano mostrarne riconoscenza.
Riusciva molto nelle cose pratiche, non solo si occupava della contabilità e dell’amministrazione burocratica, ma era capace di sostituire rubinetti e tapparelle, rimanendo sempre un’anima raccolta e nel silenzio.
Gentile, delicata e rassicurante aveva sempre una buona parola anche con chi sconfortato bussava alle porte del Monastero, non mandando mai nessun a mani vuote.

SALITA AL CALVARIO


Il 7 ottobre 2021 al Capitolo per l’elezione della Priora, per la sua gioia, veniva eletta una sorella giovane, per cui lei, finalmente sgravata dal peso della responsabilità, pensava oltre a coadiuvare e a sostenere la nuova Madre alla sua prima esperienza, di dedicarsi a quello che desiderava fare da tempo: una ricognizione degli scritti di Suor Anna Maria.
“L’uomo propone, ma Dio dispone”… per cui, tali propositi non si poterono realizzare.
Una serie di eventi dolorosi colpivano uno dopo l’altro la Comunità in modo inaspettato, creando sempre un clima di emergenza, che portava a dare priorità ai bisogni più urgenti.
A maggio 2022 Madre Donata veniva colpita da una forma di avvelenamento, dal quale usciva molto debilitata. Nel giugno-luglio 2022, insieme ad altre sorelle veniva contagiata dal Covid, fortunatamente in forma non grave.
In modo imprevisto, a fine anno, incominciava ad avvertire strani sintomi: forti mal di testa, smarrimento, sbandamenti; che la costringevano a stare a letto.
Durante il periodo Natalizio la situazione precipitava: iniziava ad avere perdite di memoria, incapacità a concentrarsi e difficoltà ad esprimersi.
Tutto ciò la faceva soffrire terribilmente, non solo dal punto di vista fisico, ma soprattutto morale e spesso la si ritrovava a piangere a dirotto.
Il 20 Gennaio 2023 , attraverso un esame clinico, si veniva a sapere che i suoi malesseri erano dovuti alla presenza di un glioblastoma alla testa già al IV stadio. Veniva così immediatamente ricoverata presso l’ospedale “Cannizzaro” con una diagnosi che, in quelle condizioni, prevedeva al massimo tre mesi di vita.
I medici dunque le consigliarono un’operazione chirurgica, in modo da asportare la massa tumorale e permetterle di vivere qualche mese in più e comunque non oltre un anno.
In quei giorni Madre Donata chiedeva al Signore un altro anno di vita, non perché fosse legata alla sua esistenza, ma per il suo amore materno che le faceva comprendere che la sua presenza fosse ancora necessaria per le sue sorelle. Accettando con pazienza la Volontà di Dio decise coraggiosamente di farsi operare.
Il 6 febbraio veniva operata, ma, a causa di complicazioni durante l’intervento, i medici dovettero asportare pure parte dell’encefalo, il risveglio fu traumatico: lato destro totalmente paralizzato, incapacità di apertura dell’occhio sinistro, totale incapacità di esprimersi e quadro clinico generale disastroso. Insomma, non solo non c’erano speranze di ripresa, ma addirittura si prospettavano solo pochi giorni di vita.
La sofferenza morale che ha provato Madre Donata quando si è vista in quelle condizioni, non si può immaginare! Lei, indipendente in tutto, era diventata inabile in tutto. Si realizzavano per lei le parole che il Signore Gesù proferì a San Pietro: “ Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi” (Gv 21,18).
Il disegno di Dio però non era ancora compiuto. Madre Donata, unita al mistero di Cristo, è rimasta intrepida ai piedi della Croce, facendosi compagna della Vergine Addolorata, associandosi al suo pianto e imprimendo in lei le piaghe del Crocifisso.
Il suo motto, che era lo slogan della sua esistenza, diceva: “ Dio ha diritto a tutto e noi Gli dobbiamo tutto”. Così Unita a Maria, ha offerto tutta la sua vita, come religiosa carmelitana, per il bene della Chiesa e per il Trionfo del Cuore Immacolato.
Dopo la prima fase di scoraggiamento, con imparagonabile forza di Volontà e per la meraviglia di tutti, pian piano non solo riusciva a riprendersi, o quanto meno a farsi capire ed alimentarsi, ma a vivere con gioia e totale abbandono quel suo essere inerme, trasformandosi in faro acceso per tutta la Comunità, come testimonianza emblematica di fedeltà alla vita religiosa.
Non solo rispettava nel suo intimo gli orari monastici, ma faceva della notte un’interminabile veglia di preghiera. Non mollava mai la corona, neanche per un attimo. Riusciva a sgranare rosari anche in condizioni in cui sembrava impossibile farlo, fino alla fine. Unita a Gesù completava la sua Passione durante la recita dell’ultimo mistero del dolore, “portando a compimento i patimenti che mancavano nella carne di Cristo, a favore del suo Corpo, che è la Chiesa” (Col 1, 24)
A dire dei medici era un miracolo vivente. Nessuno sapeva spiegarsi come avesse superato l’anno preventivato e in condizioni piuttosto buone rispetto alla norma, soprattutto per le capacità cognitive che aveva “riacquistato”, impossibile per un paziente nelle sue condizioni.
Non solo riusciva a ricordare molte cose, ma capiva tutto quel le accadeva attorno, riuscendo con infinita tenerezza a far tornare il sorriso a chi si accostava a lei con animo triste.
Il 1 aprile 2023, per voler condividere la gioia dell’avvenuta professione di una sua figlia, ebbe anche la forza di farsi sedere per la prima volta in carrozzella.
Totalmente abbandonata a chi si prendeva cura di lei era diventata di una dolcezza infinita, dispensava baci e abbracci a tutti.
Riusciva a stupirsi e gioire per qualsiasi cosa le si faceva vedere: un fiore appena raccolto, una bella immagine, un ricamo appena finito …
tutto era diventato per lei motivo di meraviglia, lode e di ringraziamento.
Spesso la si sentiva intonare, a modo suo, perché non le uscivano bene le parole, canzoni alla Madonna, con un’enfasi e una devozione che facevano emozionare tutte.
Si sa, lo Spirito Santo sceglie sempre il piccolo, perché non può entrare nel grande, nel superbo, nell’autosufficiente; così la malattia e le prove spirituali sopportate nell’ultimo periodo da Madre Donata, servivano, nel piano di Dio, in maniera pedagogica, per renderle il cuore come quello di un bambino, perché “solo i piccoli entrano nel regno dei cieli” (Mc 10,1)
La sua situazione clinica ha avuto un crollo inaspettato il 12 agosto 2024, in occasione dei funerali di Sr Agata, nostra carissima consorella, nonché colei che l’aveva fiancheggiata in tutti i suoi anni di vita religiosa, prima come compagna di noviziato, poi come Madre Maestra e dopo come Sotto Priora.
Hanno camminato insieme fino a riunirsi entrambe allo stuolo delle Vergini con le loro stole, diventando i due testimoni e i due ulivi che stanno a destra e a sinistra del candelabro, i due rami di ulivo che stanno accanto ai due condotti d’oro e da cui è fatto defluire l’olio della consolazione per la loro comunità, per il Carmelo e la Chiesa tutta ( cfr. Ap. 11,3; Zc 4, 11-13)
Intanto il tumore ricominciava a farsi strada e con esso tutte le conseguenze, in particolare i lancinanti dolori alla testa.
Il 7 ottobre, nel giorno del Rosario, la Mamma Celeste le chiedeva una maggiore partecipazione alla Passione del Figlio, incominciando a non poter più deglutire.
Da quel giorno il suo unico cibo era solo il Corpo di Cristo nella Santa Eucarestia, che riceveva con un desiderio ed un’effusione d’amore indefinibile.
Pian piano incominciava però a indebolirsi e i dolori lancinanti in tutto il corpo costringevano a sottoporla a cicli di Morfina.
Si è spenta tra le indicibili sofferenze, uniformata allo Sposo crocifisso, all’alba del 3 novembre 2024.
“All’alba del giorno glorioso della Pasqua settimanale, dopo aver lavato le vesti nel sangue dell’Agnello, è volata verso l’Arca Santa, portando il suo ramoscello d’ulivo”

CONCLUSIONE


Madre Donata come un’ostia consacrata “si è spezzata per noi” e per l’umanità intera.
Spesso si accusa la vita claustrale di parassitismo e sterilità, ma chi sa valutare la realtà sociale alla luce della fede ben sa invece di quanto sia benefica e feconda. Madre Donata, con il suo profumo di santità ne è stata un’esemplare testimonianza.
Non tutti sono chiamati a battere la stessa strada di generosità e di rinunzia, ma lo spettacolo di quest’anima, che ogni giorno si affinava sempre più nelle osservanze delle sfumature dei consigli evangelici, fa ammutolire l’ignoranza presuntuosa di chi ancora vive schiavo dei piaceri effimeri del mondo.
Il suo non era semplice amore per la povertà: di più; il suo non era muto abbandono all’obbedienza: di più; il suo non era semplicemente amore alla castità: ma regale eleganza di un reliquiario di Dio.
Il peccato, con le tremende responsabilità e provocazioni nei confronti di Dio, ha fatto sentire a Madre Donata l’urgenza e la necessità di un’opera di riparazione costante fino a divenire “preghiera vivente” e “calamita” di celesti favori.
Questo stile di vita è assurdo per la “prudenza della Carne” (Rom 8,9), ma è perfettamente logico per chi ha compreso e accettato, come Madre Donata la “Follia della Croce” (I Cor 1,18)
Grazie Madre Donata, grazie Dolce Immagine di Maria, il ricordo di te ci farà sentire il Cielo sempre accanto.

Le tue figlie e sorelle


Nella tua anima sono fioriti
tutti i fiori olezzanti di tutte le virtù,
che ti hanno resa nel Carmelo
madre solerte, amabile e generosa.
Gesù ha voluto dividere con te
la Sua tremenda e dolorosa Passione.
Il tuo “Sì” alla Sua Volontà
è stato sereno e ardente di amore.
Per le tue preghiere, i sacrifici del cuore
e la tua generosa immolazione d’Amore
la Chiesa riceverà splendore di santità
e tutte le anime ardore di Carità
(poesia scritta da Sr Agnese, decana della Comunità, per i suoi funerali)